esame avvocato 2010

Gruppo di Lavoro su svolgimento Traccia 1

« Older   Newer »
  Share  
(XXX)
view post Posted on 15/12/2010, 10:56 by: (XXX)




La reiterazione delle condotte persecutorie, se agganciata alla verificazione degli eventi tipici della fattispecie incriminatrice e alla carenza di determinatezza degli stessi, porta a dubitare che due sole condotte possono integrare lo stalking.

La Suprema Corte, con la sentenza 25527 del 7 maggio 2010, ha affermato che, in tema di atti persecutori ex art. 612-bis c.p., due episodi di minaccia o molestia sono sufficienti per configurare il delitto di atti persecutori se hanno indotto nella vittima stati di ansia e paura tali da comprometterne il normale svolgimento della quotidianità.

La Cassazione ha censurato l’operato dei giudici cautelari i quali hanno svalutato gli elementi accusatori e non considerato che la persona offesa è stata costretta a cambiare casa e città per eludere la pressione indotta dal coniuge. Ciononostante, lo stalker aveva rintracciato la nuova abitazione, minacciando la moglie separata con il macabro segno di un cappio appeso dietro la porta di casa.

La presa di posizione della Suprema Corte sulla della “reiterazione” delle condotte.

Poiché per integrare il delitto di atti persecutori è necessaria una pluralità di comportamenti minacciosi o molesti, quello disegnato dal legislatore è un reato necessariamente abituale ove la realizzazione delle condotte è essa stessa elemento costitutivo del fatto.

La mancata indicazione del numero minimo di episodi sufficienti a configurare il reato di stalking può comportare qualche tensione con il principio di determinatezza. Si è sostenuto, per rimediare a tale lacuna, che il numero minimo di condotte per l’integrazione della materialità del fatto avrebbe dovuto essere individuato, nell’ambito della discrezionalità del giudice, anche sulla base della capacità della condotta persecutoria di ingenerare gli eventi previsti dalla norma (Panarello, Modifiche al codice penale, in Totani-Trinci, Roma, 2009, 50).

Il sentiero interpretativo percorso dalla Cassazione, nella sentenza in rassegna, invece, è quello che lega la reiterazione degli atti di stalking alla verificazione dell’evento. Per la Suprema Corte, infatti, anche due soli episodi di minaccia o molestia possono valere ad integrare il delitto di atti persecutori previsto dall’art. 612-bis c.p., a condizione che si realizzi un perdurante stato di ansia o di paura nella vittima o, alternativamente, un altro degli eventi descritti dalla norma incriminatrice.

I giudici di legittimità richiamano un precedente arresto giurisprudenziale secondo il quale il termine “reiterare” denota la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza, evincendone “che anche due condotte sono sufficienti a concretizzare quella reiterazione cui la norma subordina la configurabilità della materialità del fatto” (Cass., sez. V, 21 gennaio-17 febbraio 2010, n. 6417).

Il principio enunciato dalla Cassazione, seppur in astratto condivisibile va posto a revisione critica in considerazione della struttura del delitto di stalking (reato di danno e di evento) e dell’indeterminatezza degli elementi costitutivi della fattispecie disciplinata dall’art. 612-bis c.p.

Se, come vedremo, l’incertezza nella determinazione degli eventi previsti nella norma incriminatrice comporta che l’accertamento dell’evento lesivo venga riferito alla reiterazione e le modalità di realizzazione delle condotte persecutorie, avallare il principio della Suprema Corte, anche in considerazione della carenza di tassatività della fattispecie, può comportare il rischio di estendere eccessivamente l’area del penalmente rilevante degli atti persecutori, anticipandone la soglia della punibilità prima dell’effettiva realizzazione dell’evento e rende sempre più incerti i confini del reato e le pronunce delle autorità giudiziarie con possibili differenti decisioni pur in presenza di situazioni fattuali pressoché identiche. Infatti, in mancanza di parametri oggettivi nella descrizione dell’elemento materiale del delitto, la verifica processuale di quest’ultimo finisce per essere lasciata alle interpretazioni e valutazioni “soggettive” del giudice a cui viene affidato l’ingrato compito di tracciare il perimetro dell’art. 612-bis. Questi, inoltre, si dovrà muovere all’interno di una discrezionalità molto ampia lasciatogli dal legislatore che ha confezionato una fattispecie di reato non sufficientemente determinata e in alcuni tratti (quelli, come vedremo più avanti, legati all’evento) al limite di una possibile lesione del principio di legalità di cui all’art. 25 Cost.

Per tali ragioni, occorre prendere le mosse dalla disciplina del delitto di atti persecutori.

Le condotte di minaccia o molestia.

Il decreto legge 23 febbraio 2009 n. 11 (convertito in legge 23 aprile 2009 n. 38), ha introdotto, nell’articolo 7, del delitto di atti persecutori ex articolo 612-bis c.p., punendo con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legato da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

Il significato simbolico del ricorso alla decretazione d’urgenza si comprende tenuto conto della considerazione del fenomeno fortemente condizionata dalla percezione mediatica dello stesso (Marzaduri, Il ricorso alla decretazione d’urgenza condizionato dal diffuso allarme sociale, in Guida dir., 2009, 10, 39).

Il delitto di stalking è a forma vincolata dovendo possedere quindi i connotati della minaccia o della molestia (F. Macrì, in Dir. Pen. Proc., 2009, 824), per la determinazione dei quali basta fare riferimento all’ampia giurisprudenza formata sui reati di cui agli artt. 612 e 660 c.p. Sussiste, quindi, la “minaccia” nel caso in cui lo stalker prospetti alla vittima un male futuro in modo da turbarne in modo grave la tranquillità di una persona media. Nel concetto di “molestia” sono ascrivibile tutte le condotte intrusive, quali appostamenti, telefonate, appostamenti, pedinamenti visto che tale concetto, mutuato dall’art. 660 c.p., è stato ampliato negli ultimi anni dalla giurisprudenza fino a ricomprendere qualunque forma di disturbo o di interferenza dell’altrui vita privata o di relazione. La Cassazione, infatti, proprio per colmare la lacuna della mancata punibilità dello stalking, ha talvolta ricondotto gli atti persecutori nel reato di molestie o disturbo alle persone ex art. 660 c.p. manipolando la relativa contravvenzione attraverso la modifica del bene giuridico tutelato (spostando l’attenzione dalla tranquillità pubblica per l’incidenza che il suo turbamento ha sull’ordine pubblico alla quiete privata, cfr, Cass., sez. I, 28 febbraio 2002, n. 12303, in Ced Cass. pen., n. 221373) che ha finito per incidere anche sugli elementi costitutivi del reato. Ai fini della configurabilità del reato di molestie, infatti, si è inteso per petulanza “un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà. Ne consegue che la pluralità delle azioni petulanti costituisce elemento costitutivo del reato e non è, quindi, riconducibile all'ipotesi del reato continuato” (Cass., sez. I, 13 marzo 2008, n. 17308, in CED Cass. pen. 2008, n. 239615; nello stesso senso, Cass., sez. I, 15 febbraio 2008, n. 10778, in Guida dir., 2008, n. 14, p. 78). Si è così avuta la trasformazione della contravvenzione da reato di mera condotta (che si consuma anche con una sola azione di per sé idonea ad arrecare molestia) a reato abituale, integrata, ad esempio, dalla “condotta dell'ex coniuge che ripetutamente e insistentemente segue con l'auto la vittima, per motivi di rivalsa” (Cass., sez. I, 15 gennaio 2008, n. 2113, in Guida dir., 2008, n. 13, p. 96).

La Suprema Corte, nella prima pronuncia in tema di stalking (Cass., sez. V, 12 gennaio 2010-26 marzo 2010, n. 11945) ha dato una definizione di atti molesti specificando che devono essere “forieri di alterazione della serenità e dell’equilibrio” della persona offesa. Tale precisazione se da un canto ha il pregio di circoscrivere gli atti di molestia che possono assurgere ad elemento costitutivo del delitto di atti persecutori, dall’altro comporta non pochi problemi applicativi lasciando al giudice, in assenza di parametri per la sua determinazione, il difficile compito di verificare l’idoneità ex ante dell’atto a determinare un’alterazione della sfera emotiva della vittima. Inoltre, tale elemento sembra confondersi e sconfinare in (e, come tale verificabile solo ove si realizzi) uno degli eventi che la condotta persecutoria deve realizzare: il perdurante e grave stato di ansia e di paura. La sola rilevanza pratica della capacità di alterare la serenità e l’equilibrio che deve rivestire la molestia si ha qualora il delitto di atti persecutori si fermi allo stadio del tentativo per la mancata verificazione di uno dei tre eventi alternativi del reato stesso.

Qualche pronuncia di merito ha ritento, infine, che le condotte di minacce o molestia possono essere solo omogenee ma non anche “eterogenee” tra loro, escludendo che la condotta di minaccia, se isolata, debba essere considerata penalmente rilevante e combinarsi con gli atti di molestia (Trib. Milano, 5 settembre 2009, in Il Corr. Merito, 2009, 1109). Sembra tuttavia preferibile ritenere che le condotte l’attività persecutoria possa realizzarsi attraverso il compimento di una pluralità di comportamenti tipici, non importa se omogenei o eterogenei tra loro, combinando la molestia con le ripetute molestie o viceversa (Brichetti-Pistorelli, Entra nel codice la molestia reiterata, in Guida dir., 2009, 10, 58).

Gli eventi previsti quale conseguenze delle condotte di minaccia o molestia.

La pluralità degli atti di minaccia o molestia deve essere tale da provocare nelle persona offesa, in via alternativa o cumulativa, i seguenti eventi tipizzati dal legislatore:

1) cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
2) ingenerare un fondato timore per l’incolumità della persona offesa o di un suo prossimo congiunto o da persona alla medesima legata da relazione affettiva;
3) costringere la persona offesa ad alterare le proprie abitudini di vita.

Gli eventi presentano notevole deficit di tassatività in quanto lungi dal connotarsi in senso naturalistico, risultano “soggettivizzati” concernendo gli effetti la salute della vittima provocati dalle condotte incriminate, con conseguente difficoltà per il giudice di determinare il risultato concettualmente e fenomenologicamente separabile dall’azione e a questa legata in base ad un nesso di causalità.

Dei tre eventi, solo ultimo – costringere la persona offesa ad alterare le proprie abitudini di vita – è ancorato a dati obiettivi anche se risulta subordinato alla scelta della vittima di stalking di decidere di cambiare le coordinate geografiche dei propri movimenti. Esso comunque difetta di determinatezza in quanto l’alterazione delle abitudini di vita può assumere svariate forme (mutamento del percorso che conduce al luogo di lavoro o all’abitazione, la modifica delle utenze telefoniche, l’essere costretto a non uscire nelle ore serali, il farsi accompagnare sul luogo di lavoro da familiari e conoscenti, il rivolgersi a professionisti per garantire la propria incolumità, ecc.), essendo potenzialmente illimitato il novero delle abitudini modificate a seguito delle condotte persecutorie. La giurisprudenza, ad esempio, vi ha perfino ricompreso il costringere la parte lesa a doversi guardare alle spalle, per paura di aggressioni, durante la propria attività lavorativa (Trib. Milano, 31 marzo 2009, in Famiglia e diritto, 2009, 1037). Invero, “una previsione espressa delle modalità di esplicazione dell’alterazione avrebbe potuto limitare l’applicazione concreta escludendo dalla rilevanza penale i comportamenti non rientranti nella tipologia classificata ex lege” (A. Peccioli, Stalking: bilancio di un anno dall’entrata in vigore, in Dir. pen. proc., 2010, 403)

Negli altri due eventi sembra evidente la mancanza del connotato oggettivo: quanto al perdurante e grave stato di ansia e di paura, viene definito talvolta come “disagio psichico” (Trib. Riesame Bari, 6 aprile 2009, in Giur. Merito, 2009, p. 1922), talaltra come il “mutamento nella condizione di normale stabilità psicologica del soggetto” (Trib. Milano, 17 aprile 2009, in Il Corr. Merito, 2009, p. 650). Ma quali sono i criteri che consentono al giudice di determinare l’evento?

Per recuperare determinatezza dell’evento in oggetto, “si deve intendere solo ed esclusivamente a forme patologiche contraddistinte dallo stress, di tipo clinicamente definito grave e perdurante” (Trib. Catanzaro, 21.10.2009).

La giurisprudenza prevalente, invece, sembra orientarsi nell’escludere che il perdurante e grave stato di ansia e di paura faccia riferimento ad uno stato patologico, addirittura clinicamente accertato e può essere oggetto di diretto apprezzamento da parte del giudice (Trib. Milano, 5 settembre 2009, in Il Corr. Merito, 2009, p. 1109; Id.,17 aprile 2009, cit.) anche attraverso le precedenti denunce o testimonianze. Ma così facendo si rimette ad un’ampia discrezionalità del giudice l’esistenza del requisito alleggerendo l’accusa da ogni onere probatorio delle e si finisce per desumerla dalle particolari modalità di realizzazione della condotta di minaccia o molestia.

Pure l’ulteriore evento dell’ingenerare un fondato timore per l’incolumità della persona offesa o di un suo prossimo congiunto o da persona alla medesima legata da relazione affettiva è legata a valutazioni soggettive, anch’esse mutevoli a seconda della diversa tipologia delle vittime, tant’è che si è cercato di legare siffatto evento alla reiterazione delle minacce e alla gravità dei danni minacciati (G.I.P. Bari, 24 novembre 2009, Id, 15 aprile 2009, in www.giurisprudenzabarese.it), evocando una valutazione di idoneità ex ante della condotta (G.I.P. Napoli, 30 giugno 2009; Trib. Catanzaro, cit.).

La difficoltà di accertare gli eventi lesivi degli atti persecutori ha notevoli riflessi sul piano dell’elemento soggettivo del reato. Se, infatti, la Suprema Corte, definisce il dolo generico, ravvisabile nella fattispecie, come il “rappresentarsi gli effetti psicologici concretamente realizzati” (Cass., sez. V, 12 gennaio 2010-26 marzo 2010, n. 11945), diviene difficile all’agente individuare la realizzazione di un evento non sufficientemente determinato dal legislatore.

Centralità del requisito della “reiterazione delle condotte”

Proprio in considerazione dell’assenza dei criteri oggettivi capaci di determinare gl.i eventi conseguenza degli atti persecutori, la dimostrazione della realizzazione dell’evento viene legata alla reiterazione e alle modalità delle condotte che si succedono nel tempo. La “reiterazione”, ossia la necessità di realizzazione di una pluralità di comportamenti tipici, diventa l’elemento fondamentale per delimitare il fatto e la realizzazione dell’evento lesivo. Ecco perché difficilmente due episodi di minaccia o molestia sono sufficienti a configurare il delitto in oggetto: troppo pochi per consentire al giudice di verificare l’unitaria e abituale condotta di stalking, caratterizzata da incursioni tali da dar luogo ad una vera e propria “sindrome dell’assalitore assillante” (cfr., Cass., sez. VI, 17 aprile 2009, n. 16658), e per poterne saggiarne la verifica dell’evento dannoso.

Infine, occorre comunque considerare che il requisito della reiterazione degli atti di molestia o minaccia deve essere ricostruito alla luce degli eventi tipici che la norma richiede in relazione ai quali gli atti di aggressione devono presentare un grado di invasività nella vita della vittima da determinare uno stravolgimento psichico e della stessa organizzazione della quotidianità, compatibile solo con condotte caratterizzate da costanza, permanenza, imponenza tali da costituire un vero e proprio impedimento alle sue normali abitudini di vita. E, contrariamente a quanto ritenuto dalla Suprema Corte nella sentenza in esame, con due soli atti di minaccia o molestia sembra difficile si possa arrivare a tali conseguenze.
 
Top
214 replies since 14/12/2010, 19:17   46100 views
  Share