esame avvocato 2010

Gruppo di Lavoro su svolgimento Traccia 1

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esameavvocato2010
icon14  view post Posted on 14/12/2010, 19:17




Qui lavoriamo per lo svolgimento della Traccia 1

1A TRACCIA PENALE

Tizio, in passato fidanzato di Caia, non accettando la fine della relazione sentimentale decisa dalla donna, e desideroso di continuare ad incontrarla, iniziava a seguirne sistematicamente gli spostamenti quando Caia usciva per andare a lavoro ovvero per attendere alle ordinarie attività quotidiane. Lungo la strada la molestava cercando di fermarla e di parlarle, dicendole che non intendeva allontanarsi da lei. Iniziava altresì a farle continue telefonate, anche notturne, e ad inviarla sms telefonici contenenti vere eproprie minacce di danno alle cose finalizzate ad ottenere una ripresa delle frequentazioni tra i due. Le condotte moleste e persecutorie avevano inizio nel novembre 2008. Caia, esasperata per la situazione, dapprima cambiava alcune delle proprie abitudini di vita per sottrarsi agli incontri con Tizio, poi alla metà di marzo del 2009 decideva di sporgere querela contro tizio. Tizio decideva quindi di recarsi da un avvocato per conoscere le possibili conseguenze della propria condotta. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio rediga parere motivato illustrando la o le fattispecie configurabili nel caso di specie, con particolare riguardo alla tematica della successione delle leggi penali nel tempo e agli istituti del reato abituale e continuato.


Edited by esameavvocato2010 - 15/12/2010, 11:00
 
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esameavvocato2010
view post Posted on 14/12/2010, 19:32




Come funziona:
- Chi ha la traccia la scrive il prima possibile
- Chi può è pregato di collaborare nel gruppo di lavoro
- Richieste del tipo: "Vi prego aiutatemi è urgente", "Sono uscite le tracce?", "Sono pronti i pareri?" vengono cancellate subito
- Gli utenti che danno fastidio vengono bannati
- Quando gli svolgimenti sono pronti li mettiamo in evidenza e ne fate quello che volete
- Date un mano e non create confusione
 
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fringuello1
view post Posted on 15/12/2010, 10:10




1.Caia, privata cittadina, rilasciava un'intervista a Tizio, giornalista intervistatore, nella quale costei definiva Sempronio, all'epoca Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria di Genova, un "faccendiere" ed "un opportunista che cerca soltanto intrallazzi".
Tizio pubblicava su un quotidiano a rilevanza nazionale l'intervista senza effettuare alcun controllo in ordine alla veridicità delle circostanze addotte dall'intervistata ed alla continenza delle espressioni riferite, ma riportando le affermazioni di Caia tra virgolette.
Tizio si reca da un legale per conoscere le conseguenze della sua condotta.
Il candidato, assunte le vesti del legale, premessi brevi cenni sulla rilevanza della scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca, rediga motivato parere soffermandosi sul reato ipotizzabile e sui suoi elementi costitutivi, con particolare riferimento a quello psicologico.
 
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trillina14
view post Posted on 15/12/2010, 10:42




PRIMA TRACCIA DETTATA DALL'INTERNO

Tizio fidanzato di caia, non accettando la fine della relazione sentimentale decisa dalla donna, e desideroso di continuare ad incontrarla,iniziava a seguirne sistematicamente gli spostamenti quando caia usciva x andare al lavoro ovvero per attendere alle ordinarie attività quotidiane.
lungo la strada la molestava cercando di fermarla e di parlarle,dicendole che non intendeva allontanarsi da lei
iniziava altresì a farle continue telefonate, anche notturne, ed ad inviarle sms telefonici contenenti generiche minacce di danno alle cose, finalizzate ad ottenere una ripresa della frequentazione tra i due.
le condotte moleste e persecutorie avevano inizio nel novembre 2008.

Caia, esasperata per la situazione, dapprima cambiava alcune delle proprie abitudini di vita per sottrarsi agli incontri con tizio;
poi alla metà del mese di marzo 2009 decideva di sporgere querela contro tizio.
tizio decideva quindi di recarsi da un avvocato per conoscere le possibili conseguenze della propria condotta
il candidato assunte le vesti del legale di tizio, rediga motivato parere illustrando la xxx fattispecie configurabili nel caso di specie con particolare riguardo alla tematica della successione delle leggi penali nel tempo e agli istituti del reato abituale e continuato
 
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Mdk
view post Posted on 15/12/2010, 10:42




Tizio fidanzato di caia, non accettando la fine della relazione sentimentale decisa dalla donna, e desideroso di continuare ad incontrarla,iniziava a seguirne sistematicamente gli spostamenti quando caia usciva x andare al lavoro ovvero per attendere alle ordinarie attività quotidiane.
lungo la strada la molestava cercando di fermarla e di parlarle,dicendole che non intendeva allontanarsi da lei iniziava altresì a farle continue telefonate, anche notturne, ed ad inviarle sms telefonici contenenti generiche minacce di danno alle cose,
finalizzate ad ottenere una ripresa della frequentazione tra i due.
le condotte moleste e persecutorie avevano inizio nel novembre 2008.

caia, esasperata per la situazione, dapprima cambiava alcune delle proprie abitudini di vita per sottrarsi agli incontri con tizio; poi alla metà del mese di marzo 2009 decideva di sporgere querela contro tizio.
tizio decideva quindi di recarsi da un avvocato per conoscere le possibili conseguenze della propria condotta.
il candidato assunte le vesti del legale di tizio, rediga motivato parere illustrando la xxx fattispecie configurabili nel caso di specie con particolare riguardo alla tematica della successione delle leggi penali nel tempo e agli istituti del reato abituale e continuato
 
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verità
view post Posted on 15/12/2010, 10:47




TRACCIA 1 - UFFICIALE 100%
Tizio, in passato fidanzato di Caia, non accettando la fine della relazione sentimentale della donna, e desideroso di continuare ad incontrarla, iniziava a seguirne sistematicamente gli spostamenti quando Caia usciva per andare a lavoro ovvero per attendere alle ordinarie attività quotidiane.
Lungo la strada la molestava cercando di fermarla e di parlarle, dicendole che non intendeva allontanarsi da lei.
Iniziava altresì a farle continue telefonate, anche notturne, e ad inviarle sms telefonici contenenti generiche minacce di danno alle cose, finalizzate a ottenere una ripresa della frequentazione fra i due.
Le condotte moleste e persecutorie avevano inizio nel novembre 208.
Caia, esasperata per la situazione, dapprima cambiava alcune delle proprie abitudini di vita per sottrarsi agli incontri con Tizio; poi alla metà del mese di marzo 2009 decideva di sporgere querela contro Tizio;
Tizio decideva quindi di recarsi da un avvocato per conoscere le possibili conseguenze della propria condotta.
Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizia, rediga motivato parere illustrando la o le fattispecie configurabili nel caso di specie, con particolare riguardo alla tematica della successione delle leggi penali nel tempo e ad istituti del reato abituale e continuato.
 
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(XXX)
view post Posted on 15/12/2010, 10:49




Integrano il delitto di atti persecutori, di cui all'art. 612-bis c.p., anche due sole condotte di minaccia o di molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice.

Cosi hanno affermato i giudici della Suprema Corte con la sentenza 21 gennaio 2010, n. 6417 (depositata il 17 febbraio 2010), con una delle prime pronunce di legittimità riguardanti il delitto di atti persecutori (c.d. "stalking"), ex art. 612-bis c.p.

Nel caso di specie il GIP rigettava l'istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari presentata dall'indagato.

A seguito di appello ex art. 310 c.p.p., il tribunale del riesame confermava il provvedimento di rigetto emesso dal GIP, evidenziando come l'indagato si fosse reso autore non solo di vari reati (minacce, violenza privata e danneggiamento) commessi in epoca compresa fra il 2 gennaio ed il 21 febbraio 2009, ma anche di ulteriori condotte poste in essere nei giorni 25 e 26 febbraio 2009.

In proposito è utile ricordare come la fattispecie di cui all'art. 612-bis c.p. sia entrata in vigore proprio il 25 febbraio 2009, essendo stata introdotta nel nostro ordinamento con il d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio ed entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione. Con la legge n. 38 del 23 aprile 2009, il Parlamento ha poi convertito con modificazioni il d.l. 11/2009. Si osserva, infatti, come uno dei profili problematici, soprattutto nella prima fase di applicazione della norma, riguardi l'irretroattività della nuova fattispecie. Si pensi, come nel caso in esame, all'ipotesi in cui le condotte persecutorie commesse in epoca successiva all'entrata in vigore del decreto legge si vadano ad aggiungere ad altre realizzate precedentemente.

Un altro degli aspetti che caratterizza l'elemento oggettivo del delitto di cui all'art. 612-bis c.p. consiste nella reiterazione delle condotte persecutorie. Le minacce e/o le molestie devono essere reiterate, seriali, devono cioè succedersi nel tempo. La reiterazione è, infatti, elemento costitutivo della fattispecie[1], con la conseguenza che i singoli atti, se posti in essere in un unica occasione, non integrano il delitto di atti persecutori bensì altre fattispecie già conosciute dall'ordinamento (es.: minaccia, molestie, violenza privata), eventualmente unite dal vincolo della continuazione (art. 81 c.p.). La struttura del reato di atti persecutori è quindi disegnata sul modello del reato necessariamente abituale, caratterizzato dalla sussistenza di una serie di fatti commissivi. Il reato si perfeziona allorché si realizzi un minimo di tali condotte collegate da un nesso di abitualità e può formare oggetto anche di continuazione, ex art. 81 cpv. c.p., come nell'ipotesi in cui la reiterazione sia interrotta da un notevole intervallo di tempo tra una serie di episodi e l'altra[2]. Pertanto, se nel periodo considerato si verifica una parentesi di normalità nella condotta del soggetto attivo, un intervallo di tempo fra una serie e l'altra di episodi lesivi del bene giuridico tutelato dalla norma, non viene meno l'esistenza del reato, ma ciò può dar luogo alla continuazione.

In relazione al reato necessariamente abituale la mancata indicazione del numero di episodi necessario per integrare la serie minima può comportare qualche tensione con il principio di determinatezza.

Ciò premesso, si osserva come, nel caso di specie, il difensore dell'indagato abbia proposto ricorso per cassazione basando i motivi proprio sulle due questioni poco sopra richiamate: assumeva, infatti, che gli episodi precedenti l'entrata in vigore della norma incriminatrice non potevano essere presi in alcuna considerazione, con la conseguenza che le due sole condotte del 25 e 26 febbraio 2009 non erano suscettibili di integrare il delitto di atti persecutori, data la natura abituale dello stesso. Sotto diverso profilo, quello dell'adeguatezza della misura, il difensore evidenziava altresì che le esigenze cautelari avrebbero potuto essere soddisfatte con la più lieve misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, introdotta dall'art. 282-ter c.p.p..

La Suprema Corte, osservando come il termine "reiterare" denoti la "ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza", rigettava il ricorso presentato dal difensore dell'indagato ed enunciava il principio di diritto in base al quale anche due sole condotte di minaccia o di molestia sono idonee a costituire la reiterazione cui l'art. 612-bis c.p. subordina la configurazione della materialità del fatto.

In sede di commento a prima lettura del reato di nuovo conio, all'indomani della sua entrata in vigore ed in attesa delle prime pronunce di legittimità, si era sostenuto[3] che il numero minimo di condotte richieste per l'integrazione della materialità del fatto avrebbe dovuto essere individuato, nell'ambito della discrezionalità del giudice, anche sulla base della capacità della condotta persecutoria di ingenerare gli eventi previsti dalla norma. Peraltro, la stessa giurisprudenza di legittimità, in relazione al delitto di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, di cui all'art. 572 c.p., aveva talvolta portato l'interprete ad interrogarsi sul concetto stesso di reato necessariamente abituale[4]. La Suprema Corte, inoltre, per tracciare la linea di confine fra la configurazione di ripetuti atti lesivi all'interno di un contesto familiare ed il delitto abituale di maltrattamenti in famiglia, anche recentemente[5] aveva posto l'accento sull'elemento psicologico, giungendo ad escludere la sussistenza del requisito della abitualità sulla base del rilievo secondo cui i singoli atti lesivi avevano rappresentato forme espressive di reazioni determinate da tensioni contingenti, anche se non infrequenti, nel contesto familiare in questione. Tali atti, infatti, non erano risultati tra loro connessi e cementati dalla volontà unitaria e persistente dell'agente di sottoporre i soggetti passivi ad ingiuste sofferenze morali o fisiche, sì da rendere abitualmente doloroso il rapporto relazionale.

Nella pronuncia oggetto del presente commento, invece, i giudici di legittimità hanno basato la loro decisione esclusivamente sul significato letterale del termine "reiterare", evidenziando come lo stesso denoti "la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza", con la conseguenza che anche due sole condotte sono da ritenere sufficienti a concretare il requisito della reiterazione richiesto dalla norma.

Anche la censura mossa dal difensore in punto di adeguatezza della misura cautelare è stata ritenuta infondata dalla Corte, che ha sottolineato come l'impugnata motivazione del tribunale del riesame, quale giudice dell'appello cautelare, fosse ineccepibile e diffusa, posto che nella stessa risultano evidenziati i numerosi e gravi precedenti penali dell'indagato, che ne rivelano la capacità a delinquere e la tendenza all'uso della violenza.

Sebbene evocata nei motivi di ricorso, con la sentenza n. 6417/2010 la Suprema Corte non ha tuttavia affrontato l'altra delicata questione, quella riguardante il divieto di retroattività della norma incriminatrice.

Trattandosi di reato abituale, infatti, viene da chiedersi se le condotte antecedenti l'entrata in vigore del d.l. 11/2009 possano essere prese in considerazione ed utilizzate per ritenere sussistente il reato all'atto della realizzazione dell'ultima condotta.

In dottrina, l'orientamento prevalente[6] ritiene che nel caso di successione di norma creatrice di una nuova tipologia di illecito abituale potranno essere ricondotte entro la nuova disciplina solo le fattispecie concrete realizzate sotto la sua vigenza, se complete sotto il profilo costitutivo, senza possibilità di cumulo con le condotte anteriori, salvo incorrere, diversamente, nell'applicazione retroattiva della norma creatrice del reato abituale. Ma tale orientamento sembra riferirsi al c.d. reato abituale proprio, laddove la norma di nuova creazione considera reato la reiterazione di condotte che, se isolatamente valutate, possono anche non avere rilevanza penale[7]. Nel caso del delitto di atti persecutori, invece, l'art. 612-bis c.p. considera reato condotte che generalmente costituirebbero, anche se isolatamente valutate, illecito penale (minaccia, molestia, ingiuria, violenza privata, ecc.).

Sul punto, con riguardo a reati abituali, non si registrano specifiche posizioni della giurisprudenza di legittimità e, pertanto, la pronuncia in esame avrebbe potuto costituire una buona occasione. Si può tuttavia osservare che, con riferimento a reati a consumazione prolungata (come, ad esempio, la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ex art. 640-bis c.p.), la Suprema Corte ha valorizzato condotte antecedenti l'entrata in vigore della norma incriminatrice[8]. Ancora, occupandosi del reato previsto dall'art. 9, l. 27 dicembre 1956, n. 1423, consistente nella condotta di colui che venga sorpreso in compagnia di pregiudicati, la Corte di Cassazione[9], sulla premessa che il reato in questione si consuma nel momento in cui cessa la condotta abituale di frequentazione, ha stabilito che la modifica apportata all'art. 9 dalla l. 31 luglio 2005, n. 155 (che ha trasformato la contravvenzione in delitto) è applicabile anche se solo una parte della condotta è stata posta in essere dopo l'entrata in vigore della legge più sfavorevole, in quanto l'art. 2 c. 4 c.p. fa riferimento al tempo in cui è stato commesso il reato e cioè a quello in cui si è consumato[10].

Qualche pronuncia di merito, emessa in sede cautelare (tribunale Pistoia, n. 2651/09 RG GIP, inedita; tribunale Pistoia, n. 607/08 RG DIB, inedita), si è orientata nel qualificare sotto l'art. 612-bis c.p. anche condotte "persecutorie" realizzate sia prima che dopo l'entrata in vigore della stessa, non ravvisando contrasti con il divieto di irretroattività della nuova fattispecie, sostanzialmente sulla base dell'assunto secondo cui essa, in quanto reato abituale, è da ritenersi applicabile anche se solo una parte della condotta sia stata posta in essere dopo l'entrata in vigore della norma meno favorevole.
 
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ultralordlead
view post Posted on 15/12/2010, 10:50




Attenzione! la versione di "Verità" ha il finale manomesso
 
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trillina14
view post Posted on 15/12/2010, 10:51





xxx ma è una sentenza ????
 
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Frank75
view post Posted on 15/12/2010, 10:52




Confermo la traccia
 
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franc.lac
view post Posted on 15/12/2010, 10:56




Il reato di stalking di cui all’ art. 612 bis c.p. è stato introdotto dalla L. 39/2009 con il dichiarato intento di approntare una tutela rafforzata contro variegate ipotesi di maltrattamenti e condotte aggressive le quali, in difetto di una norma ad hoc, venivano sussunte sotto diverse norme incriminatrici preesistenti senza, tuttavia, esaurirne l’ambito di offensività. Si tratta di un reato di evento con condotta a forma libera che anticipa la soglia della punibilità al verificarsi di uno degli eventi prescritti, accomunati tutti dalla serialità delle condotte. Il comportamento penalmente rilevante si esplica in un atteggiamento molesto nei confronti della vittima. Cosi si integrano gli estremi della reiterazione. Le problematiche sottese alla compatibilità della fattispecie astratta con il principio di tassatività riguardano essenzialmente: il difetto di determinatezza nella tipizzazione delle condotte persecutorie di molestia e minaccia; la mancanza del requisito con riferimento alla loro reiterazione; la frequenza periodica, talvolta, quotidiana degli atti persecutori; l’ assenza di tipizzazione degli eventi illeciti di cui all’art. 612 c.p. alternativi tra loro ed eziologicamente connessi dal vincolo causale. Ed, infine, la valorizzazione dell’ elemento soggettivo. Nella fattispecie si ravvisa il dolo generico con riferimento alla sua funzione selettiva nonchè alla rappresentazione volitiva degli effetti inflitti sulla vittima. Pertanto, il perdurante e grave status di ansia o di paura configura il reato di atti persecutori, laddove sussista un destabilizzante turbamento psicologico della vittima, in seguito alle reiterate condotte dell’agente. Queste ultime vanno accertate sulla base del condizionamento esercitato sulla vittima alterando le di lei abitudini di vita.





§ Cfr. Cass. Pen., Sez. V 26 marzo 2010, n. 11945

§ Rif. Norm. art. 612 bis c.p.

 
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(XXX)
view post Posted on 15/12/2010, 10:56




La reiterazione delle condotte persecutorie, se agganciata alla verificazione degli eventi tipici della fattispecie incriminatrice e alla carenza di determinatezza degli stessi, porta a dubitare che due sole condotte possono integrare lo stalking.

La Suprema Corte, con la sentenza 25527 del 7 maggio 2010, ha affermato che, in tema di atti persecutori ex art. 612-bis c.p., due episodi di minaccia o molestia sono sufficienti per configurare il delitto di atti persecutori se hanno indotto nella vittima stati di ansia e paura tali da comprometterne il normale svolgimento della quotidianità.

La Cassazione ha censurato l’operato dei giudici cautelari i quali hanno svalutato gli elementi accusatori e non considerato che la persona offesa è stata costretta a cambiare casa e città per eludere la pressione indotta dal coniuge. Ciononostante, lo stalker aveva rintracciato la nuova abitazione, minacciando la moglie separata con il macabro segno di un cappio appeso dietro la porta di casa.

La presa di posizione della Suprema Corte sulla della “reiterazione” delle condotte.

Poiché per integrare il delitto di atti persecutori è necessaria una pluralità di comportamenti minacciosi o molesti, quello disegnato dal legislatore è un reato necessariamente abituale ove la realizzazione delle condotte è essa stessa elemento costitutivo del fatto.

La mancata indicazione del numero minimo di episodi sufficienti a configurare il reato di stalking può comportare qualche tensione con il principio di determinatezza. Si è sostenuto, per rimediare a tale lacuna, che il numero minimo di condotte per l’integrazione della materialità del fatto avrebbe dovuto essere individuato, nell’ambito della discrezionalità del giudice, anche sulla base della capacità della condotta persecutoria di ingenerare gli eventi previsti dalla norma (Panarello, Modifiche al codice penale, in Totani-Trinci, Roma, 2009, 50).

Il sentiero interpretativo percorso dalla Cassazione, nella sentenza in rassegna, invece, è quello che lega la reiterazione degli atti di stalking alla verificazione dell’evento. Per la Suprema Corte, infatti, anche due soli episodi di minaccia o molestia possono valere ad integrare il delitto di atti persecutori previsto dall’art. 612-bis c.p., a condizione che si realizzi un perdurante stato di ansia o di paura nella vittima o, alternativamente, un altro degli eventi descritti dalla norma incriminatrice.

I giudici di legittimità richiamano un precedente arresto giurisprudenziale secondo il quale il termine “reiterare” denota la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza, evincendone “che anche due condotte sono sufficienti a concretizzare quella reiterazione cui la norma subordina la configurabilità della materialità del fatto” (Cass., sez. V, 21 gennaio-17 febbraio 2010, n. 6417).

Il principio enunciato dalla Cassazione, seppur in astratto condivisibile va posto a revisione critica in considerazione della struttura del delitto di stalking (reato di danno e di evento) e dell’indeterminatezza degli elementi costitutivi della fattispecie disciplinata dall’art. 612-bis c.p.

Se, come vedremo, l’incertezza nella determinazione degli eventi previsti nella norma incriminatrice comporta che l’accertamento dell’evento lesivo venga riferito alla reiterazione e le modalità di realizzazione delle condotte persecutorie, avallare il principio della Suprema Corte, anche in considerazione della carenza di tassatività della fattispecie, può comportare il rischio di estendere eccessivamente l’area del penalmente rilevante degli atti persecutori, anticipandone la soglia della punibilità prima dell’effettiva realizzazione dell’evento e rende sempre più incerti i confini del reato e le pronunce delle autorità giudiziarie con possibili differenti decisioni pur in presenza di situazioni fattuali pressoché identiche. Infatti, in mancanza di parametri oggettivi nella descrizione dell’elemento materiale del delitto, la verifica processuale di quest’ultimo finisce per essere lasciata alle interpretazioni e valutazioni “soggettive” del giudice a cui viene affidato l’ingrato compito di tracciare il perimetro dell’art. 612-bis. Questi, inoltre, si dovrà muovere all’interno di una discrezionalità molto ampia lasciatogli dal legislatore che ha confezionato una fattispecie di reato non sufficientemente determinata e in alcuni tratti (quelli, come vedremo più avanti, legati all’evento) al limite di una possibile lesione del principio di legalità di cui all’art. 25 Cost.

Per tali ragioni, occorre prendere le mosse dalla disciplina del delitto di atti persecutori.

Le condotte di minaccia o molestia.

Il decreto legge 23 febbraio 2009 n. 11 (convertito in legge 23 aprile 2009 n. 38), ha introdotto, nell’articolo 7, del delitto di atti persecutori ex articolo 612-bis c.p., punendo con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legato da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

Il significato simbolico del ricorso alla decretazione d’urgenza si comprende tenuto conto della considerazione del fenomeno fortemente condizionata dalla percezione mediatica dello stesso (Marzaduri, Il ricorso alla decretazione d’urgenza condizionato dal diffuso allarme sociale, in Guida dir., 2009, 10, 39).

Il delitto di stalking è a forma vincolata dovendo possedere quindi i connotati della minaccia o della molestia (F. Macrì, in Dir. Pen. Proc., 2009, 824), per la determinazione dei quali basta fare riferimento all’ampia giurisprudenza formata sui reati di cui agli artt. 612 e 660 c.p. Sussiste, quindi, la “minaccia” nel caso in cui lo stalker prospetti alla vittima un male futuro in modo da turbarne in modo grave la tranquillità di una persona media. Nel concetto di “molestia” sono ascrivibile tutte le condotte intrusive, quali appostamenti, telefonate, appostamenti, pedinamenti visto che tale concetto, mutuato dall’art. 660 c.p., è stato ampliato negli ultimi anni dalla giurisprudenza fino a ricomprendere qualunque forma di disturbo o di interferenza dell’altrui vita privata o di relazione. La Cassazione, infatti, proprio per colmare la lacuna della mancata punibilità dello stalking, ha talvolta ricondotto gli atti persecutori nel reato di molestie o disturbo alle persone ex art. 660 c.p. manipolando la relativa contravvenzione attraverso la modifica del bene giuridico tutelato (spostando l’attenzione dalla tranquillità pubblica per l’incidenza che il suo turbamento ha sull’ordine pubblico alla quiete privata, cfr, Cass., sez. I, 28 febbraio 2002, n. 12303, in Ced Cass. pen., n. 221373) che ha finito per incidere anche sugli elementi costitutivi del reato. Ai fini della configurabilità del reato di molestie, infatti, si è inteso per petulanza “un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà. Ne consegue che la pluralità delle azioni petulanti costituisce elemento costitutivo del reato e non è, quindi, riconducibile all'ipotesi del reato continuato” (Cass., sez. I, 13 marzo 2008, n. 17308, in CED Cass. pen. 2008, n. 239615; nello stesso senso, Cass., sez. I, 15 febbraio 2008, n. 10778, in Guida dir., 2008, n. 14, p. 78). Si è così avuta la trasformazione della contravvenzione da reato di mera condotta (che si consuma anche con una sola azione di per sé idonea ad arrecare molestia) a reato abituale, integrata, ad esempio, dalla “condotta dell'ex coniuge che ripetutamente e insistentemente segue con l'auto la vittima, per motivi di rivalsa” (Cass., sez. I, 15 gennaio 2008, n. 2113, in Guida dir., 2008, n. 13, p. 96).

La Suprema Corte, nella prima pronuncia in tema di stalking (Cass., sez. V, 12 gennaio 2010-26 marzo 2010, n. 11945) ha dato una definizione di atti molesti specificando che devono essere “forieri di alterazione della serenità e dell’equilibrio” della persona offesa. Tale precisazione se da un canto ha il pregio di circoscrivere gli atti di molestia che possono assurgere ad elemento costitutivo del delitto di atti persecutori, dall’altro comporta non pochi problemi applicativi lasciando al giudice, in assenza di parametri per la sua determinazione, il difficile compito di verificare l’idoneità ex ante dell’atto a determinare un’alterazione della sfera emotiva della vittima. Inoltre, tale elemento sembra confondersi e sconfinare in (e, come tale verificabile solo ove si realizzi) uno degli eventi che la condotta persecutoria deve realizzare: il perdurante e grave stato di ansia e di paura. La sola rilevanza pratica della capacità di alterare la serenità e l’equilibrio che deve rivestire la molestia si ha qualora il delitto di atti persecutori si fermi allo stadio del tentativo per la mancata verificazione di uno dei tre eventi alternativi del reato stesso.

Qualche pronuncia di merito ha ritento, infine, che le condotte di minacce o molestia possono essere solo omogenee ma non anche “eterogenee” tra loro, escludendo che la condotta di minaccia, se isolata, debba essere considerata penalmente rilevante e combinarsi con gli atti di molestia (Trib. Milano, 5 settembre 2009, in Il Corr. Merito, 2009, 1109). Sembra tuttavia preferibile ritenere che le condotte l’attività persecutoria possa realizzarsi attraverso il compimento di una pluralità di comportamenti tipici, non importa se omogenei o eterogenei tra loro, combinando la molestia con le ripetute molestie o viceversa (Brichetti-Pistorelli, Entra nel codice la molestia reiterata, in Guida dir., 2009, 10, 58).

Gli eventi previsti quale conseguenze delle condotte di minaccia o molestia.

La pluralità degli atti di minaccia o molestia deve essere tale da provocare nelle persona offesa, in via alternativa o cumulativa, i seguenti eventi tipizzati dal legislatore:

1) cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
2) ingenerare un fondato timore per l’incolumità della persona offesa o di un suo prossimo congiunto o da persona alla medesima legata da relazione affettiva;
3) costringere la persona offesa ad alterare le proprie abitudini di vita.

Gli eventi presentano notevole deficit di tassatività in quanto lungi dal connotarsi in senso naturalistico, risultano “soggettivizzati” concernendo gli effetti la salute della vittima provocati dalle condotte incriminate, con conseguente difficoltà per il giudice di determinare il risultato concettualmente e fenomenologicamente separabile dall’azione e a questa legata in base ad un nesso di causalità.

Dei tre eventi, solo ultimo – costringere la persona offesa ad alterare le proprie abitudini di vita – è ancorato a dati obiettivi anche se risulta subordinato alla scelta della vittima di stalking di decidere di cambiare le coordinate geografiche dei propri movimenti. Esso comunque difetta di determinatezza in quanto l’alterazione delle abitudini di vita può assumere svariate forme (mutamento del percorso che conduce al luogo di lavoro o all’abitazione, la modifica delle utenze telefoniche, l’essere costretto a non uscire nelle ore serali, il farsi accompagnare sul luogo di lavoro da familiari e conoscenti, il rivolgersi a professionisti per garantire la propria incolumità, ecc.), essendo potenzialmente illimitato il novero delle abitudini modificate a seguito delle condotte persecutorie. La giurisprudenza, ad esempio, vi ha perfino ricompreso il costringere la parte lesa a doversi guardare alle spalle, per paura di aggressioni, durante la propria attività lavorativa (Trib. Milano, 31 marzo 2009, in Famiglia e diritto, 2009, 1037). Invero, “una previsione espressa delle modalità di esplicazione dell’alterazione avrebbe potuto limitare l’applicazione concreta escludendo dalla rilevanza penale i comportamenti non rientranti nella tipologia classificata ex lege” (A. Peccioli, Stalking: bilancio di un anno dall’entrata in vigore, in Dir. pen. proc., 2010, 403)

Negli altri due eventi sembra evidente la mancanza del connotato oggettivo: quanto al perdurante e grave stato di ansia e di paura, viene definito talvolta come “disagio psichico” (Trib. Riesame Bari, 6 aprile 2009, in Giur. Merito, 2009, p. 1922), talaltra come il “mutamento nella condizione di normale stabilità psicologica del soggetto” (Trib. Milano, 17 aprile 2009, in Il Corr. Merito, 2009, p. 650). Ma quali sono i criteri che consentono al giudice di determinare l’evento?

Per recuperare determinatezza dell’evento in oggetto, “si deve intendere solo ed esclusivamente a forme patologiche contraddistinte dallo stress, di tipo clinicamente definito grave e perdurante” (Trib. Catanzaro, 21.10.2009).

La giurisprudenza prevalente, invece, sembra orientarsi nell’escludere che il perdurante e grave stato di ansia e di paura faccia riferimento ad uno stato patologico, addirittura clinicamente accertato e può essere oggetto di diretto apprezzamento da parte del giudice (Trib. Milano, 5 settembre 2009, in Il Corr. Merito, 2009, p. 1109; Id.,17 aprile 2009, cit.) anche attraverso le precedenti denunce o testimonianze. Ma così facendo si rimette ad un’ampia discrezionalità del giudice l’esistenza del requisito alleggerendo l’accusa da ogni onere probatorio delle e si finisce per desumerla dalle particolari modalità di realizzazione della condotta di minaccia o molestia.

Pure l’ulteriore evento dell’ingenerare un fondato timore per l’incolumità della persona offesa o di un suo prossimo congiunto o da persona alla medesima legata da relazione affettiva è legata a valutazioni soggettive, anch’esse mutevoli a seconda della diversa tipologia delle vittime, tant’è che si è cercato di legare siffatto evento alla reiterazione delle minacce e alla gravità dei danni minacciati (G.I.P. Bari, 24 novembre 2009, Id, 15 aprile 2009, in www.giurisprudenzabarese.it), evocando una valutazione di idoneità ex ante della condotta (G.I.P. Napoli, 30 giugno 2009; Trib. Catanzaro, cit.).

La difficoltà di accertare gli eventi lesivi degli atti persecutori ha notevoli riflessi sul piano dell’elemento soggettivo del reato. Se, infatti, la Suprema Corte, definisce il dolo generico, ravvisabile nella fattispecie, come il “rappresentarsi gli effetti psicologici concretamente realizzati” (Cass., sez. V, 12 gennaio 2010-26 marzo 2010, n. 11945), diviene difficile all’agente individuare la realizzazione di un evento non sufficientemente determinato dal legislatore.

Centralità del requisito della “reiterazione delle condotte”

Proprio in considerazione dell’assenza dei criteri oggettivi capaci di determinare gl.i eventi conseguenza degli atti persecutori, la dimostrazione della realizzazione dell’evento viene legata alla reiterazione e alle modalità delle condotte che si succedono nel tempo. La “reiterazione”, ossia la necessità di realizzazione di una pluralità di comportamenti tipici, diventa l’elemento fondamentale per delimitare il fatto e la realizzazione dell’evento lesivo. Ecco perché difficilmente due episodi di minaccia o molestia sono sufficienti a configurare il delitto in oggetto: troppo pochi per consentire al giudice di verificare l’unitaria e abituale condotta di stalking, caratterizzata da incursioni tali da dar luogo ad una vera e propria “sindrome dell’assalitore assillante” (cfr., Cass., sez. VI, 17 aprile 2009, n. 16658), e per poterne saggiarne la verifica dell’evento dannoso.

Infine, occorre comunque considerare che il requisito della reiterazione degli atti di molestia o minaccia deve essere ricostruito alla luce degli eventi tipici che la norma richiede in relazione ai quali gli atti di aggressione devono presentare un grado di invasività nella vita della vittima da determinare uno stravolgimento psichico e della stessa organizzazione della quotidianità, compatibile solo con condotte caratterizzate da costanza, permanenza, imponenza tali da costituire un vero e proprio impedimento alle sue normali abitudini di vita. E, contrariamente a quanto ritenuto dalla Suprema Corte nella sentenza in esame, con due soli atti di minaccia o molestia sembra difficile si possa arrivare a tali conseguenze.
 
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sarosto
view post Posted on 15/12/2010, 10:57




Siete sicuri che si tratti di stalking? Credo che la legge sul reato di stalking sia entrata in vigore ad aprile 2009, mentre la querela della traccia avviene a marzo 2009.....
 
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franc.lac
view post Posted on 15/12/2010, 10:58




Con il decreto legge 23 febbraio 2009 n.11 “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori” convertito dalla legge 23 aprile 2009 n.38, è stata, finalmente, introdotta all'interno del codice penale la previsione del così detto reato di “stalking”.

Con tale termine, nell'ambito della previsione normativa, vengono identificate ed punite con la reclusione le condotte reiterate mediante le quali si “minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

Ma quali sono in concreto le condotte penalmente rilevanti che possono essere ricondotte alle ipotesi di minaccia o di molestia?

In effetti minaccia e molestia non sono ipotesi sconosciute all'ordinamento e per le stesse già è prevista una idonea sanzione, tuttavia la figura dello “stalking” rappresenta qualcosa di differente ben avvertito in sede di lavori preparatori alla modifica del codice penale. In questo senso, venne indicato (nella proposta c.35 del 29 aprile 2008 – Brunner, Zeller, Nicco) come il fenomeno fosse ben rilevante anche se percepito in modo distorto: “inoltre va rilevato che i vari psichiatri che hanno studiato il fenomeno sono giunti alla conclusione che gli effetti di tali condotte sulle vittime arrivano a sconvolgerne l’esistenza, provocando disturbi d’ansia e del sonno, paura, terrore e stato perenne di allerta nei casi più comuni: il fenomeno è considerato nella sua gravita` solo nel momento in cui sfocia in un omicidio o in un suicidio”.

Riguardo all'identificazione delle condotte rilevanti (alla loro sommaria indicazione) può essere utile la lettura del documento relativo alla proposta Cirilelli (29 aprile 2008 n.204) nella quale si legge: “le condotte indesiderate legate al fenomeno in questione possono essere classificate in tre tipologie: comunicazioni indesiderate, contatti indesiderati e comportamenti

associati. Le comunicazioni indesiderate di solito sono rivolte direttamente alla vittima di stalking, ma possono concretizzarsi anche in minacce o in contatti con la famiglia, gli amici o i colleghi della vittima stessa. Lettere e telefonate sono le forme piu` comuni attraverso le quali si manifesta la comunicazione indesiderata, ma gli stalker ricorrono spesso anche a scritti non necessariamente inviati in modo diretto alla vittima, oppure utilizzano altri mezzi, come l’invio di sms e di e-mail. I contatti indesiderati comprendono, invece, i comportamenti tipici dello stalker diretti ad avvicinare in qualche modo la vittima. Tra questi i più diffusi sono i

pedinamenti, il presentarsi alla porta dell’abitazione o gli appostamenti sotto casa, il recarsi negli stessi luoghi frequentati dalla vittima o lo svolgere le stesse attività. Tra i comportamenti associati, infine, si collocano anche l’ordine o la cancellazione di beni e servizi a carico della vittima, al fine di danneggiarla o intimidirla. Le conseguenze per chi e` vittima del fenomeno dello stalking sono gravissime. La vita della vittima può. divenire particolarmente difficile: molte persone, per timore di ricevere nuove molestie, hanno paura di uscire di casa, non riescono a mantenere il proprio lavoro, non sono in grado di instaurare nuove relazioni e,

quindi, sono incapaci di salvaguardare la propria quotidianità. Come gia` detto, le ricerche dimostrano che molte vittime, in seguito a tali esperienze, soffrono di ansia, depressione o disturbo post-traumatico da stress”.


Più ampia ed articolare l'illustrazione nella proposta Codurelli, Braga, Rampi, Schirru, Bellanova, De Biasi (7 maggio 2008 n.787) all'interno della quale i comportamenti vengono articolati anche in ragione di valutazione di ordine psichiatrico riguardo allo stalker; quindi, l'articolazione delle condotte:

“a) comunicazioni intrusive, distinte secondo il mezzo usato (telefoniche, per posta, e-mail, facsimile o altro, ad esempio messaggi lasciati sulla macchina o sulla porta di casa del molestato);

b) contatti, distinti in comportamento di controllo indiretto (seguire, spiare, mantenere la sorveglianza attorno all’abitazione) oppure di approccio diretto al molestato, in pubblico, sul luogo di lavoro;

c) comportamenti associati, come ordinare beni per conto del molestato, inviare doni, far trovare oggetti (per esempio, animali o parti di animali morti), vandalizzare le proprietà del molestato (per esempio tagliare le gomme dell’automobile), uccidere gli animali domestici della vittima
Strumento per eccellenza dello stalker rimane comunque il telefono, con cui iniziano, nella maggior parte dei casi, le « campagne di stalking »: del resto, i mezzi indiretti di comunicazione, come appunto il telefono, appaiono i più utili e semplici, affinché il molestatore assillante possa raggiungere la propria vittima. Il telefono, e di recente anche i brevi messaggi da cellulare (gli sms), divengono un vero e proprio mezzo di persecuzione, consentendo di superare distanze geografiche e convenzioni sociali.

Per i medesimi motivi, anche attraverso la rete internet, con la diffusione del suo utilizzo da parte di milioni di persone in ogni parte del mondo, vengono posti in essere comportamenti di stalking (attuati tramite i servizi classici della rete, e-mail e chat) dando vita al cosiddetto cyberstalking. Tuttavia, tali mezzi sono sempre più spesso solo l’inizio della campagna di stalking, cui vengono ad aggiungersi, in un momento successivo, i contatti indiretti dello stalker con la propria vittima (pedinamenti, appostamenti) e gli approcci diretti.

Secondo quanto sostenuto dal dottor Marco Strano, direttore scientifico del Telematic Journal of Clinical Criminology , alla luce delle ricerche più recenti, sviluppate in prevalenza nel mondo scientifico statunitense, é possibile sintetizzare una tipologia, semplificata, di persecutori:

1) soggetti che non riescono ad accettare l’abbandono del partner o di altre figure significative e attuano una vera e propria persecuzione nel tentativo maldestro di ristabilire il rapporto o semplicemente per vendicarsi dei torti subiti nel corso del distacco (la maggior parte dei casi). Sono i molestatori statisticamente più pericolosi per quanto riguarda la possibilità che lo stalking degeneri in atti di violenza fisica nei confronti della vittima;

2) soggetti che sfogano attraverso lo stalking un rancore dovuto a cause molteplici nei confronti di una persona con cui sono entrati in conflitto, al di fuori di un rapporto affettivo. Tipico il caso dell’ex collega di lavoro che si e` comportato male con lui o del professionista (ad esempio un medico) che gli ha provocato un danno giudicato grave. Normalmente questi

stalker presentano un livello di pericolosità contenuta per ipotesi di violenza fisica, rappresentata attraverso le molestie e gli insulti, ma difficilmente agita;

3) molestatori sessuali abituali o conquistatori maldestri, che individuano l’oggetto del loro desiderio nella vittima (anche sconosciuta) ed effettuano una serie di tentativi di approccio. I soggetti appartenenti a questa categoria talvolta presentano modalità compulsive o possono giungere a vere e proprie forme di delirio. Per ciò che attiene agli indici di pericolosità , i molestatori sessuali possono divenire potenziali stupratori, mentre la categoria dei cosiddetti « conquistatori maldestri » normalmente e` pressoché innocua.

Talvolta si rilevano soggetti che possono essere inseriti parzialmente in più di una delle tre categorie.

Il comportamento di stalking, così come descritto, presenta dunque numerose sfaccettature sia nelle modalità di attuazione della campagna persecutoria, sia nella motivazione che porta all’ossessione-compulsione dello stalker nei confronti della propria vittima.

Tuttavia, benché tale fenomeno descriva una costellazione comportamentale, solo in alcuni casi è ascrivibile a un conclamato disturbo psichiatrico con manifestazioni deliranti o con anomalie patologiche della personalità , rilevando nella prevalenza dei casi motivazioni razionali attinenti a un desiderio di vendetta o all’incapacità di accettare e di elaborare cognitivamente l’abbandono di un partner o di un’altra figura significativa”.

Quanto al riscontro giurisprudenziale questo spazia dalla configurabilità della condotta posta in essere anche antecedentemente all'entrata in vigore della norma e proseguita nel periodo seguente; così Tribunale di Milano 17 aprile 2009: “Il reato di stalking ha natura abituale, e deve ritenersi commesso dopo l'entrata in vigore del D.L. medesimo qualora anche un solo atto di minaccia o molestia sia compiuto dopo quel momento, e sempre che vi siano tutti gli elementi costitutivi previsti, anche grazie ad atti precedenti all'ultimo, ad essi legato da un vincolo di abitualità. Ne consegue che il nuovo reato, senza alcuna violazione del principio di irretroattività della legge penale, può applicarsi in relazione a condotte poste in essere reiteratamente in parte prima e in parte dopo la sua introduzione”.

Mentre sulla distinzione concreta rispetto alle fattispecie già contemplate dal codice penale, una per tutte, Tribunale di Bari 6 aprile 2009: “il reato di stalking, caratterizzato da ripetute condotte di appostamento, comportamenti intenzionali e finalizzati alla molestia con effetto di provocare disagi psichici, timore per la propria incolumità e quella delle persone care, pregiudizio delle abitudini di vita, si distingue da quello di maltrattamenti poiché le condotte del denunciato sono reiterate e ingenerano un fondato timore da parte della vittima di un male più grave, pur senza arrivare a integrare i reati di lesioni o maltrattamenti”.


Nello specifico contesto familiare Corte di Cassazione Sez. VI del 21 gennaio 2009 n. 16658 secondo cui “è legittima la misura dell'allontanamento definitivo dalla casa familiare nei confronti di chi, pur avendo abbandonato formalmente la casa, continua a sottoporre a stalking la coniuge
 
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Seer Aldebaraan
view post Posted on 15/12/2010, 10:59




NEL MERITO con riferimento alla successione C'è:

TRIBUNALE PENALE DI NOLA, sentenza del 28 gennaio 2010. Stalking – Reato abituale – Condotte poste in essere prima e dopo l’entrata in vigore della legge che prevede il reato
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STALKING (art. 612 bis c.p.) – MOLESTIE (art. 660 c.p.)
SUCCESSIONE DI LEGGI
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SI APPLICA LA LEGGE PIU’ SFAVOREVOLE SE PARTE DELL’AZIONE CRIMINOSA CHE DETERMINA LA CONSUMAZIONE DEL REATO E’ STATA POSTA IN ESSERE DOPO L’ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE STESSA

STALKING
Reato abituale - Condotte poste in essere in parte prima dell’entrata in vigore della legge di previsione del nuovo reato e parte commesse dopo – Applicabilità della legge vigente nel tempo in cui il reato si è consumato anche se più sfavorevole al reo.

[Tribunale Penale di Nola coll. C) Pres. Dr. Aschettino, Giudici dr.ssa Capasso est., dr.ssa Palmieri sentenza N. …./10 del 28.01.2010]

( massima a cura dell’ Avv. Angelo Pignatelli )


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TRIBUNALE PENALE DI NOLA


OMISSIS…


Con riguardo alla condotta rubricata al capo G, essa è stata prevista come fattispecie incriminatrice grazie alla entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2009 n. 11 che ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico il reato di atti persecutori di cui all'art. 612 bis c.p. In ordine a tale ipotesi di reato, va brevemente premesso che, come emerge anche dalla lettura dei relativi lavori parlamentari, il fenomeno dello stalking -termine derivato dall'esperienza giuridica dei Paesi Anglosassoni ed unanimemente recepito dalla nostra dottrina negli ultimi anni -è individuato nel comportamento assillante e invasivo della vita altrui realizzato mediante la reiterazione insistente di condotte intrusive, quali telefonate, appostamenti, pedinamenti fino, nei casi più gravi, alla realizzazione di condotte integranti di per sé reato (minacce, ingiurie, danneggiamenti, aggressioni fisiche). La previsione incriminatrice di cui all'art. 612 bis c.p. sanziona quindi, i comportamenti persecutori, diretti o indiretti. ripetuti nel tempo, che incutono uno stato di soggezione nella vittima provocandole un disagio fisico o psichico e un ragionevole senso di timore, oltre che un mutamento delle abitudini di vita. Prima della introduzione di tale nuova ipotesi di reato, il fenomeno dello stalking poteva essere sanzionato solo se integrante il reato contravvenzionale di molestie (art. 660 c.p.), di per sè non idoneo a colpire efficacemente l'agente e, soprattutto, a prevenire la possibile escalation dei suoi atti persecutori, laddove nel caso di commissione di condotte più gravi -come la violenza privata o i reati contro la vita o l'incolumità individuale- la risposta sanzionatoria si poteva avere solo quando la persecuzione dell'agente era è già sfociata in condotte lèsive della vita o della incolumità personale della vittima e, quindi, allorquando tali beni erano stati già danneggiati, a volte in maniera definitiva. AI fine, quindi, di colmare il vuoto di tutela della vittima di comportamenti ripetuti ed insistenti tali da non integrare ancora i più gravi reati contro la vita o l'incolumità personale, ma comunque idonei a fondare un giustificato timore per tali beni giuridici, è stata prevista la nuova fattispecie di reato di cui all'art. 612 bis c.p. Perché sussista la fattispecie delittuosa è quindi necessario, in primo luogo, che la condotta minacciosa e/o violenta sia reiterata nel tempo e sia posta in essere con coscienza e volontà; ancora, perché possa ritenersi integrato il reato in esame, occorre che i suddetti comportamenti abbiano l'effetto di provocare nella persona offesa uno stato di disagio emotivo e psicologico, il timore per la propria incolumità e per quella delle persone care, ovvero che sia tale da indurre la vittima a modificare le proprie abitudini di vita. Nel caso in esame, dalla istruttoria dibattimentale risulta senz'altro provata la sussistenza di tutti i su elencati elementi costitutivi del reato di stalking con riguardo alle condotte poste in essere dall’imputato in epoca successiva alla entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2009 n. 11, in quanto già di per sé integranti un sistema di atti persecutori. Siccome però le molestie, le violenze e le minacce dell'imputato nei confronti della persona offesa sono iniziate in epoca anteriore all’ entrata in vigore della nuova previsione incriminatrice, si pone con riguardo a tali condotte una questione di successione di legge nel tempo. Secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, espresso con riferimento ad un altro reato abituale quello di cui all'art. 9 co II L. 1423/1956, la applicazione della legge penale sopravvenuta più sfavorevole è consentita allorquando almeno parte della condotta sia stata posta in essere dopo l'entrata in vigore della suddetta legge penale, in quanto il tempus commissi delictì da considerare ai fini della applicazione dell'art. 2 c.p., è quello in cui il reato si è consumato (vd. Cass. pen. 20334 del 11/5/2006). Nel caso in esame, le condotte persecutorie sono cominciate senz'altro in epoca antecedente alla entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2009 n. 11 anche se, come più volte evidenziato, dopo l'episodio di violenza avvenuto il 15 febbraio 2009 si è verificato un crescendo di tali atti persecutori, per cui è senz'altro possibile affermare che prima della entrata in vigore della nuova norma incriminatrice non si era verificata la consumazione, ovvero il perfezionamento del reato di stalking. Rispetto alla entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2009 n. 11, quindi le 'condotte indicate ai capi B e C si pongono come parti dell'elemento oggettivo del delitto' di cui all'art. 612 bis c.p., assorbiti nello stesso, laddove la consumazione si è avuta, per quanto sopra argomentato, in data poco antecedente all'ultimo arresto di Tizio, ovvero il …. 2009.

OMISSIS….
 
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214 replies since 14/12/2010, 19:17   46099 views
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