esame avvocato 2010

Gruppo di Lavoro su svolgimento Traccia 1

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(XXX)
view post Posted on 15/12/2010, 11:01




la querela avviene nel marzo 2009 la legge è entrata in vigore il 25 febbraio 2009 essendo stata pubblicata sulla G.U il 24 febbraio 2009
 
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midge
view post Posted on 15/12/2010, 11:02




ragazzi, non postate tutto quello che trovate su google...dateci il tempo di leggere bene la traccia e capire esattamente quale fattispecie richiama. Il parere dovrà essere breve, stringato e conciso.
Sto cercando di trovare la sentenza che si avvicini sui database giuridici
 
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ritaemma
view post Posted on 15/12/2010, 11:03




Cassazione penale , sez. V, sentenza 17.02.2010 n° 6417

Integrano il delitto di atti persecutori, di cui all’art. 612-bis c.p., anche due sole condotte di minaccia o di
molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice.

Cosi hanno affermato i giudici della Suprema Corte con la sentenza 21 gennaio 2010, n. 6417
(depositata il 17 febbraio 2010), con una delle prime pronunce di legittimità riguardanti il delitto di atti
persecutori (c.d. “stalking”), ex art. 612-bis c.p.

Nel caso di specie il GIP rigettava l’istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare degli
arresti domiciliari presentata dall’indagato.

A seguito di appello ex art. 310 c.p.p., il tribunale del riesame confermava il provvedimento di rigetto
emesso dal GIP, evidenziando come l’indagato si fosse reso autore non solo di vari reati (minacce,
violenza privata e danneggiamento) commessi in epoca compresa fra il 2 gennaio ed il 21 febbraio
2009, ma anche di ulteriori condotte poste in essere nei giorni 25 e 26 febbraio 2009.

In proposito è utile ricordare come la fattispecie di cui all’art. 612-bis c.p. sia entrata in vigore proprio
il 25 febbraio 2009, essendo stata introdotta nel nostro ordinamento con il d.l. 23 febbraio 2009, n. 11,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio ed entrato in vigore il giorno successivo alla
pubblicazione. Con la legge n. 38 del 23 aprile 2009, il Parlamento ha poi convertito con modificazioni
il d.l. 11/2009. Si osserva, infatti, come uno dei profili problematici, soprattutto nella prima fase di
applicazione della norma, riguardi l’irretroattività della nuova fattispecie. Si pensi, come nel caso in
esame, all’ipotesi in cui le condotte persecutorie commesse in epoca successiva all’entrata in vigore del
decreto legge si vadano ad aggiungere ad altre realizzate precedentemente.

Un altro degli aspetti che caratterizza l’elemento oggettivo del delitto di cui all’art. 612-bis c.p. consiste
nella reiterazione delle condotte persecutorie. Le minacce e/o le molestie devono essere reiterate,
seriali, devono cioè succedersi nel tempo. La reiterazione è, infatti, elemento costitutivo della
fattispecie[1], con la conseguenza che i singoli atti, se posti in essere in un unica occasione, non
integrano il delitto di atti persecutori bensì altre fattispecie già conosciute dall’ordinamento (es.:
minaccia, molestie, violenza privata), eventualmente unite dal vincolo della continuazione (art. 81 c.p.).
La struttura del reato di atti persecutori è quindi disegnata sul modello del reato necessariamente
abituale, caratterizzato dalla sussistenza di una serie di fatti commissivi. Il reato si perfeziona allorché
si realizzi un minimo di tali condotte collegate da un nesso di abitualità e può formare oggetto anche di

Stalking: quanti episodi sono necessari per integrare la reiterazione?

continuazione, ex art. 81 cpv. c.p., come nell’ipotesi in cui la reiterazione sia interrotta da un notevole
intervallo di tempo tra una serie di episodi e l’altra[2]. Pertanto, se nel periodo considerato si verifica
una parentesi di normalità nella condotta del soggetto attivo, un intervallo di tempo fra una serie e
l’altra di episodi lesivi del bene giuridico tutelato dalla norma, non viene meno l’esistenza del reato, ma
ciò può dar luogo alla continuazione.

In relazione al reato necessariamente abituale la mancata indicazione del numero di episodi necessario
per integrare la serie minima può comportare qualche tensione con il principio di determinatezza.

Ciò premesso, si osserva come, nel caso di specie, il difensore dell’indagato abbia proposto ricorso per
cassazione basando i motivi proprio sulle due questioni poco sopra richiamate: assumeva, infatti, che
gli episodi precedenti l’entrata in vigore della norma incriminatrice non potevano essere presi in alcuna
considerazione, con la conseguenza che le due sole condotte del 25 e 26 febbraio 2009 non erano
suscettibili di integrare il delitto di atti persecutori, data la natura abituale dello stesso. Sotto diverso
profilo, quello dell’adeguatezza della misura, il difensore evidenziava altresì che le esigenze cautelari
avrebbero potuto essere soddisfatte con la più lieve misura del divieto di avvicinamento ai luoghi
frequentati dalla persona offesa, introdotta dall’art. 282-ter c.p.p..

La Suprema Corte, osservando come il termine “reiterare” denoti la “ripetizione di una condotta una
seconda volta ovvero più volte con insistenza”, rigettava il ricorso presentato dal difensore
dell’indagato ed enunciava il principio di diritto in base al quale anche due sole condotte di minaccia o
di molestia sono idonee a costituire la reiterazione cui l’art. 612-bis c.p. subordina la configurazione
della materialità del fatto.

In sede di commento a prima lettura del reato di nuovo conio, all’indomani della sua entrata in vigore
ed in attesa delle prime pronunce di legittimità, si era sostenuto[3] che il numero minimo di condotte
richieste per l’integrazione della materialità del fatto avrebbe dovuto essere individuato, nell’ambito
della discrezionalità del giudice, anche sulla base della capacità della condotta persecutoria di
ingenerare gli eventi previsti dalla norma. Peraltro, la stessa giurisprudenza di legittimità, in relazione
al delitto di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, di cui all’art. 572 c.p., aveva talvolta portato
l’interprete ad interrogarsi sul concetto stesso di reato necessariamente abituale[4]. La Suprema Corte,
inoltre, per tracciare la linea di confine fra la configurazione di ripetuti atti lesivi all’interno di un
contesto familiare ed il delitto abituale di maltrattamenti in famiglia, anche recentemente[5] aveva posto
l’accento sull’elemento psicologico, giungendo ad escludere la sussistenza del requisito della abitualità
sulla base del rilievo secondo cui i singoli atti lesivi avevano rappresentato forme espressive di reazioni
determinate da tensioni contingenti, anche se non infrequenti, nel contesto familiare in questione. Tali
atti, infatti, non erano risultati tra loro connessi e cementati dalla volontà unitaria e persistente
dell’agente di sottoporre i soggetti passivi ad ingiuste sofferenze morali o fisiche, sì da rendere
abitualmente doloroso il rapporto relazionale.

Nella pronuncia oggetto del presente commento, invece, i giudici di legittimità hanno basato la loro
decisione esclusivamente sul significato letterale del termine “reiterare”, evidenziando come lo stesso
denoti “la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza”, con la
conseguenza che anche due sole condotte sono da ritenere sufficienti a concretare il requisito della
reiterazione richiesto dalla norma.

Anche la censura mossa dal difensore in punto di adeguatezza della misura cautelare è stata ritenuta
infondata dalla Corte, che ha sottolineato come l’impugnata motivazione del tribunale del riesame,
quale giudice dell’appello cautelare, fosse ineccepibile e diffusa, posto che nella stessa risultano

Stalking: quanti episodi sono necessari per integrare la reiterazione?

evidenziati i numerosi e gravi precedenti penali dell’indagato, che ne rivelano la capacità a delinquere e
la tendenza all’uso della violenza.

Sebbene evocata nei motivi di ricorso, con la sentenza n. 6417/2010 la Suprema Corte non ha tuttavia
affrontato l’altra delicata questione, quella riguardante il divieto di retroattività della norma
incriminatrice.

Trattandosi di reato abituale, infatti, viene da chiedersi se le condotte antecedenti l’entrata in vigore del
d.l. 11/2009 possano essere prese in considerazione ed utilizzate per ritenere sussistente il reato all’atto
della realizzazione dell’ultima condotta.

In dottrina, l’orientamento prevalente[6] ritiene che nel caso di successione di norma creatrice di una
nuova tipologia di illecito abituale potranno essere ricondotte entro la nuova disciplina solo le
fattispecie concrete realizzate sotto la sua vigenza, se complete sotto il profilo costitutivo, senza
possibilità di cumulo con le condotte anteriori, salvo incorrere, diversamente, nell’applicazione
retroattiva della norma creatrice del reato abituale. Ma tale orientamento sembra riferirsi al c.d. reato
abituale proprio, laddove la norma di nuova creazione considera reato la reiterazione di condotte che, se
isolatamente valutate, possono anche non avere rilevanza penale[7]. Nel caso del delitto di atti
persecutori, invece, l’art. 612-bis c.p. considera reato condotte che generalmente costituirebbero, anche
se isolatamente valutate, illecito penale (minaccia, molestia, ingiuria, violenza privata, ecc.).

Sul punto, con riguardo a reati abituali, non si registrano specifiche posizioni della giurisprudenza di
legittimità e, pertanto, la pronuncia in esame avrebbe potuto costituire una buona occasione. Si può
tuttavia osservare che, con riferimento a reati a consumazione prolungata (come, ad esempio, la truffa
aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ex art. 640-bis c.p.), la Suprema Corte ha
valorizzato condotte antecedenti l’entrata in vigore della norma incriminatrice[8]. Ancora, occupandosi
del reato previsto dall’art. 9, l. 27 dicembre 1956, n. 1423, consistente nella condotta di colui che venga
sorpreso in compagnia di pregiudicati, la Corte di Cassazione[9], sulla premessa che il reato in questione
si consuma nel momento in cui cessa la condotta abituale di frequentazione, ha stabilito che la modifica
apportata all’art. 9 dalla l. 31 luglio 2005, n. 155 (che ha trasformato la contravvenzione in delitto) è
applicabile anche se solo una parte della condotta è stata posta in essere dopo l’entrata in vigore della
legge più sfavorevole, in quanto l’art. 2 c. 4 c.p. fa riferimento al tempo in cui è stato commesso il reato
e cioè a quello in cui si è consumato[10].

Qualche pronuncia di merito, emessa in sede cautelare (tribunale Pistoia, n. 2651/09 RG GIP, inedita;
tribunale Pistoia, n. 607/08 RG DIB, inedita), si è orientata nel qualificare sotto l’art. 612-bis c.p. anche
condotte “persecutorie” realizzate sia prima che dopo l’entrata in vigore della stessa, non ravvisando
contrasti con il divieto di irretroattività della nuova fattispecie, sostanzialmente sulla base dell’assunto
secondo cui essa, in quanto reato abituale, è da ritenersi applicabile anche se solo una parte della
condotta sia stata posta in essere dopo l’entrata in vigore della norma meno favorevole.

 
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trillina14
view post Posted on 15/12/2010, 11:03





le fattispecie violate sono ex art 660 e 612 primo comma ...siete d'accordo?
 
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franc.lac
view post Posted on 15/12/2010, 11:04




attenzione l'art. 612 bis è entrato in vigore nell'aprile 2009 e la querela è del marzo 2009. Le fattispecie violate sono quelle ex art. 660 cp e 612 cp 1�° comma
 
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barbyby
view post Posted on 15/12/2010, 11:04




sarosto hai ragione, lo stalking è stato introdotto nel nostro ordinamento ad aprile 2009
 
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franc.lac
view post Posted on 15/12/2010, 11:07




tuttavia il commento di altalex è questo:
questo è il commento di altalex


Integrano il delitto di atti persecutori, di cui all'art. 612-bis c.p., anche due sole condotte di minaccia o di molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice.

Cosi hanno affermato i giudici della Suprema Corte con la sentenza 21 gennaio 2010, n. 6417 (depositata il 17 febbraio 2010), con una delle prime pronunce di legittimità riguardanti il delitto di atti persecutori (c.d. "stalking"), ex art. 612-bis c.p.

Nel caso di specie il GIP rigettava l'istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari presentata dall'indagato.

A seguito di appello ex art. 310 c.p.p., il tribunale del riesame confermava il provvedimento di rigetto emesso dal GIP, evidenziando come l'indagato si fosse reso autore non solo di vari reati (minacce, violenza privata e danneggiamento) commessi in epoca compresa fra il 2 gennaio ed il 21 febbraio 2009, ma anche di ulteriori condotte poste in essere nei giorni 25 e 26 febbraio 2009.

In proposito è utile ricordare come la fattispecie di cui all'art. 612-bis c.p. sia entrata in vigore proprio il 25 febbraio 2009, essendo stata introdotta nel nostro ordinamento con il d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio ed entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione. Con la legge n. 38 del 23 aprile 2009, il Parlamento ha poi convertito con modificazioni il d.l. 11/2009. Si osserva, infatti, come uno dei profili problematici, soprattutto nella prima fase di applicazione della norma, riguardi l'irretroattività della nuova fattispecie. Si pensi, come nel caso in esame, all'ipotesi in cui le condotte persecutorie commesse in epoca successiva all'entrata in vigore del decreto legge si vadano ad aggiungere ad altre realizzate precedentemente.

Un altro degli aspetti che caratterizza l'elemento oggettivo del delitto di cui all'art. 612-bis c.p. consiste nella reiterazione delle condotte persecutorie. Le minacce e/o le molestie devono essere reiterate, seriali, devono cioè succedersi nel tempo. La reiterazione è, infatti, elemento costitutivo della fattispecie[1], con la conseguenza che i singoli atti, se posti in essere in un unica occasione, non integrano il delitto di atti persecutori bensì altre fattispecie già conosciute dall'ordinamento (es.: minaccia, molestie, violenza privata), eventualmente unite dal vincolo della continuazione (art. 81 c.p.). La struttura del reato di atti persecutori è quindi disegnata sul modello del reato necessariamente abituale, caratterizzato dalla sussistenza di una serie di fatti commissivi. Il reato si perfeziona allorché si realizzi un minimo di tali condotte collegate da un nesso di abitualità e può formare oggetto anche di continuazione, ex art. 81 cpv. c.p., come nell'ipotesi in cui la reiterazione sia interrotta da un notevole intervallo di tempo tra una serie di episodi e l'altra[2]. Pertanto, se nel periodo considerato si verifica una parentesi di normalità nella condotta del soggetto attivo, un intervallo di tempo fra una serie e l'altra di episodi lesivi del bene giuridico tutelato dalla norma, non viene meno l'esistenza del reato, ma ciò può dar luogo alla continuazione.

In relazione al reato necessariamente abituale la mancata indicazione del numero di episodi necessario per integrare la serie minima può comportare qualche tensione con il principio di determinatezza.

Ciò premesso, si osserva come, nel caso di specie, il difensore dell'indagato abbia proposto ricorso per cassazione basando i motivi proprio sulle due questioni poco sopra richiamate: assumeva, infatti, che gli episodi precedenti l'entrata in vigore della norma incriminatrice non potevano essere presi in alcuna considerazione, con la conseguenza che le due sole condotte del 25 e 26 febbraio 2009 non erano suscettibili di integrare il delitto di atti persecutori, data la natura abituale dello stesso. Sotto diverso profilo, quello dell'adeguatezza della misura, il difensore evidenziava altresì che le esigenze cautelari avrebbero potuto essere soddisfatte con la più lieve misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, introdotta dall'art. 282-ter c.p.p..

La Suprema Corte, osservando come il termine "reiterare" denoti la "ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza", rigettava il ricorso presentato dal difensore dell'indagato ed enunciava il principio di diritto in base al quale anche due sole condotte di minaccia o di molestia sono idonee a costituire la reiterazione cui l'art. 612-bis c.p. subordina la configurazione della materialità del fatto.

In sede di commento a prima lettura del reato di nuovo conio, all'indomani della sua entrata in vigore ed in attesa delle prime pronunce di legittimità, si era sostenuto[3] che il numero minimo di condotte richieste per l'integrazione della materialità del fatto avrebbe dovuto essere individuato, nell'ambito della discrezionalità del giudice, anche sulla base della capacità della condotta persecutoria di ingenerare gli eventi previsti dalla norma. Peraltro, la stessa giurisprudenza di legittimità, in relazione al delitto di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, di cui all'art. 572 c.p., aveva talvolta portato l'interprete ad interrogarsi sul concetto stesso di reato necessariamente abituale[4]. La Suprema Corte, inoltre, per tracciare la linea di confine fra la configurazione di ripetuti atti lesivi all'interno di un contesto familiare ed il delitto abituale di maltrattamenti in famiglia, anche recentemente[5] aveva posto l'accento sull'elemento psicologico, giungendo ad escludere la sussistenza del requisito della abitualità sulla base del rilievo secondo cui i singoli atti lesivi avevano rappresentato forme espressive di reazioni determinate da tensioni contingenti, anche se non infrequenti, nel contesto familiare in questione. Tali atti, infatti, non erano risultati tra loro connessi e cementati dalla volontà unitaria e persistente dell'agente di sottoporre i soggetti passivi ad ingiuste sofferenze morali o fisiche, sì da rendere abitualmente doloroso il rapporto relazionale.

Nella pronuncia oggetto del presente commento, invece, i giudici di legittimità hanno basato la loro decisione esclusivamente sul significato letterale del termine "reiterare", evidenziando come lo stesso denoti "la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza", con la conseguenza che anche due sole condotte sono da ritenere sufficienti a concretare il requisito della reiterazione richiesto dalla norma.

Anche la censura mossa dal difensore in punto di adeguatezza della misura cautelare è stata ritenuta infondata dalla Corte, che ha sottolineato come l'impugnata motivazione del tribunale del riesame, quale giudice dell'appello cautelare, fosse ineccepibile e diffusa, posto che nella stessa risultano evidenziati i numerosi e gravi precedenti penali dell'indagato, che ne rivelano la capacità a delinquere e la tendenza all'uso della violenza.

Sebbene evocata nei motivi di ricorso, con la sentenza n. 6417/2010 la Suprema Corte non ha tuttavia affrontato l'altra delicata questione, quella riguardante il divieto di retroattività della norma incriminatrice.

Trattandosi di reato abituale, infatti, viene da chiedersi se le condotte antecedenti l'entrata in vigore del d.l. 11/2009 possano essere prese in considerazione ed utilizzate per ritenere sussistente il reato all'atto della realizzazione dell'ultima condotta.

In dottrina, l'orientamento prevalente[6] ritiene che nel caso di successione di norma creatrice di una nuova tipologia di illecito abituale potranno essere ricondotte entro la nuova disciplina solo le fattispecie concrete realizzate sotto la sua vigenza, se complete sotto il profilo costitutivo, senza possibilità di cumulo con le condotte anteriori, salvo incorrere, diversamente, nell'applicazione retroattiva della norma creatrice del reato abituale. Ma tale orientamento sembra riferirsi al c.d. reato abituale proprio, laddove la norma di nuova creazione considera reato la reiterazione di condotte che, se isolatamente valutate, possono anche non avere rilevanza penale[7]. Nel caso del delitto di atti persecutori, invece, l'art. 612-bis c.p. considera reato condotte che generalmente costituirebbero, anche se isolatamente valutate, illecito penale (minaccia, molestia, ingiuria, violenza privata, ecc.).

Sul punto, con riguardo a reati abituali, non si registrano specifiche posizioni della giurisprudenza di legittimità e, pertanto, la pronuncia in esame avrebbe potuto costituire una buona occasione. Si può tuttavia osservare che, con riferimento a reati a consumazione prolungata (come, ad esempio, la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ex art. 640-bis c.p.), la Suprema Corte ha valorizzato condotte antecedenti l'entrata in vigore della norma incriminatrice[8]. Ancora, occupandosi del reato previsto dall'art. 9, l. 27 dicembre 1956, n. 1423, consistente nella condotta di colui che venga sorpreso in compagnia di pregiudicati, la Corte di Cassazione[9], sulla premessa che il reato in questione si consuma nel momento in cui cessa la condotta abituale di frequentazione, ha stabilito che la modifica apportata all'art. 9 dalla l. 31 luglio 2005, n. 155 (che ha trasformato la contravvenzione in delitto) è applicabile anche se solo una parte della condotta è stata posta in essere dopo l'entrata in vigore della legge più sfavorevole, in quanto l'art. 2 c. 4 c.p. fa riferimento al tempo in cui è stato commesso il reato e cioè a quello in cui si è consumato[10].

Qualche pronuncia di merito, emessa in sede cautelare (tribunale Pistoia, n. 2651/09 RG GIP, inedita; tribunale Pistoia, n. 607/08 RG DIB, inedita), si è orientata nel qualificare sotto l'art. 612-bis c.p. anche condotte "persecutorie" realizzate sia prima che dopo l'entrata in vigore della stessa, non ravvisando contrasti con il divieto di irretroattività della nuova fattispecie, sostanzialmente sulla base dell'assunto secondo cui essa, in quanto reato abituale, è da ritenersi applicabile anche se solo una parte della condotta sia stata posta in essere dopo l'entrata in vigore della norma meno favorevole.

(Altalex, 4 maggio 2010. Nota di Placido Panarello)

_________________

[1] Cfr. Caringella-De Palma-Farini-Trinci, Manuale di Diritto Penale, Parte Speciale, Roma, 2010, 1027 ss..

[2] In questo senso Cass. pen, sez. VI, 27 aprile 1995, n. 4636, RV 201148.

[3] Panarello, Modifiche al codice penale, in Tovani-Trinci (a cura di), Lo stalking. Il reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e le altre modifiche introdotte dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, Roma, 2009, 50 ss..

[4] Cfr. Cass. pen., sez. VI, 14 dicembre 2006, n. 40789, inedita, che ha utilizzato il dolo come linea di discrimine fra plurimi reati di percosse ed il delitto di maltrattamenti in famiglia, tipico reato necessariamente abituale. Nel caso di specie le condotte violente ed offensive del marito nei confronti della moglie non sono state ricondotte ad un carattere di abitualità né collegate a un dolo unitario di vessazione. Più precisamente, si è ritenuto che siffatte condotte fossero espressione di una reattività estemporanea che affondava le sue radici nel clima di dissidio tra i coniugi, derivante sia dalla diversa religione praticata dalla moglie sia, soprattutto, dalla relazione adulterina intrattenuta dal marito, che tuttavia la congiunta era disposta a subire, non sollecitando la separazione. Nel caso di specie, dunque, non è stata ravvisata la sussistenza del reato abituale.

[5] Cfr. Cass. pen., sez. VI, 13 febbraio 2009, n. 6490, in Strumentario Avvocati - Rivista Diritto e Procedura Penale, 5/2009, p. 63 con nota di Gullì.

[6] Mantovani, Diritto penale - parte generale, Padova, 2007, pp. 119 ss..

[7] È noto, infatti, che ove i singoli atti del reato abituale, di per sé, non costituiscano reato, si avrà il reato abituale proprio; ove, invece, i singoli atti, di per sé, costituirebbero autonome figure di reato, si ha il reato abituale improprio.

[8] Cfr. Cass. pen., sez. II, 6 luglio 2007, n. 26256, RV 237299, la quale, avendo individuato il momento consumativo del delitto di cui all'art. 640-bis c.p. con quello della cessazione dei pagamenti, che segna anche la fine dell'aggravamento del danno, in ragione della natura di reato a consumazione prolungata, ha escluso l'illegittimità del sequestro per equivalente finalizzato alla confisca che era stato disposto nonostante che il contratto di mutuo allo scopo fosse precedente all'entrata in vigore della l. 29 settembre 2000, n. 300, che ha inserito nel codice penale l'art. 640-quater.

[9] Cass. pen., sez. I, 14 giugno 2006, n. 20334, Rv. 234284.

[10] Per un approfondimento, si consenta di rinviare a Panarello, Modifiche al codice penale, cit., pp. 47 ss..
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massimodinoi
view post Posted on 15/12/2010, 11:07




Tizio,in pAssato fidanzato di caia nn accettando la fine della relazione sentimentale decisa dalla donna,e desideroso di continuare ad incontrarla,iniziava a seguirne sistematicAmente gli spostamenti quando caia usciva x andare al lavoro ovvero x attendere alle ordinarie attività quotidiane.lungo la strada la molestava cercando di femarla e di parlare,dicendole che nn intendeva allontanarsi da lei.iniziava altresì a farle continue telefonate,anche notturne,e ad inviarle sms telefonici contenenti generiche minacce di danno alle cose,fnalizzate a ottenere una ripresa delle frequentazioni tra i due.le condotte moleste e persecutorie avevano inizio nel novembre 2008.caia,esasperata x la situazione,dapprima cambiava alcune della proprie abitudini di vita x sottrarsi agli incontri con tizio,poi alla meta' del mese di marzo 2009. Decideva di sporgere querela contro tizio.tizio decideva quindi di recarsi da un avvocato x conoscere le possibili conseguenze della propria condotta.il candidato assunte le vesti del legale di tizio rediga motivato parere illustrando la o le fattispecie Configurabili nel caso di specie, con paricolare riguardo alla tematica della successione delle leggi penali nel tempo e agli istituti del reato abituale e continuato.




XXX questa è sicura al 100%­
 
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pacos7
view post Posted on 15/12/2010, 11:16




Il Decreto Legge n. 11 del 23 febbraio 2009 ha introdotto nel codice penale il reato di stalking (art. 612-bis codice penale).
Il termine stalking, di derivazione anglosassone, significa letteralmente "caccia in appostamento" o "caccia furtiva", e indica sostanzialmente tutti quei comportamenti di tipo persecutorio che fino ad oggi non avevano rilevanza penale nel nostro ordinamento.

Il reato previsto dall'art. 612-bis codice penale, rubricato appunto "atti persecutori", prevede la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni per "chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita".

Con l'introduzione di questo nuovo reato si intende attribuire rilevanza penale e sanzionare in modo pesante tutta quella serie di comportamenti assillanti e ossessivi che prostrano la vittima in una condizione di soggezione psicologica, limitando a volte pesantemente le attività quotidiane del "perseguitato". Rientrano in tali condotte l'invio ossessivo e ripetuto di lettere, SMS ed e-mail, nonché pedinamenti, appostamenti e ogni atto anche vandalico che abbia scopo intimidatorio.

Costituiscono circostanze aggravanti del reato, con conseguente aumento della pena, l'aver perpetrato tali condotte nei confronti del partner o di persone legate sentimentalmente al persecutore. In tali casi la pena è aumentata di un terzo.
Se invece la condotta delittuosa è tenuta nei confronti di minori, di donne in gravidanza o di disabili, ovvero qualora la medesima condotta sia tenuta con l'uso delle armi o mediante ricorso al travestimento, la pena è aumentata fino alla metà.

Perché il reato di stalking sia punibile, è necessario che la vittima presenti Denuncia-Querela contro lo stalker entro sei mesi dal verificarsi dell'atto persecutorio.

Sono previste inoltre alcune misure cautelari nei confronti degli imputati del reato di stalking, ai quali potrà essere impedito di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla vittima o comunque potrà essergli intimata una distanza minima da essi e dalla persona offesa.
È altresì previsto che tanto l'ordine di allontanamento dalla casa familiare quanto il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima siano comunicati dal giudice ai servizi socio-assistenziali e alle autorità di pubblica sicurezza, sia per impedire efficacemente la reiterazione della condotta sia per consentire l'eventuale sequestro di armi o munizioni.

Quali sono gli elementi costitutivi del reato di Stalking ?

L'illecito in esame è connotato dalla sussistenza di tre elementi costitutivi:1) la condotta “tipica del reo; 2) la reiterazione di tale condotta; 3) l'insorgere di un particolare stato d'animo nella vittima.

1) La condotta illecita in esame è ascrivibile in genere nelle classiche ipotesi delittuose di minacce e molestie, peraltro già previste e sanzionate autonomamente dal Legislatore. Sussiste la minaccia nel caso in cui il reo prospetti alla vittima un male futuro, in modo tale da turbare in modo grave la tranquillità della vittima stessa. La molestia, invece, si ravvisa nel caso in cui venga alterata in modo fastidioso o importuno l'equilibrio psichico di una persona media.

2) Detta condotta deve essere reiterata, seriale nel senso che i sopra descritti atti devono succedersi nel tempo. La continuazione e reiterazione in un certo lasso di tempo è elemento costitutivo. Pertanto i suddetti singoli atti, se posti in essere in un unica occasione, non integrano la fattispecie delittuosa ex art 612 bis c.p. ma quelle più “tradizionali” del tipo “minaccia” o “molestia”, magari continuate se dette condotte vengano posti in essere più di una singola volta.

3) Infine, tali azioni illecite devono cagionare alla vittima “un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere”. Con l'evento del grave disagio psichico, vista la indeterminatezza della figura, si deve intendere solo ed esclusivamente a forme patologiche contraddistinte dallo stress, di tipo clinicamente definito grave e perdurante. Quanto al secondo degli eventi conseguenti alla condotta illecita, ovvero il timore per la sicurezza personale o propria, tale ipotesi ricorre ogniqualvolta la vittima, a causa dei comportamenti del reo, abbia “timore” per la propria sicurezza. Tale stato d'animo deve essere valutato in concreto, in base a tutti gli elementi che caratterizzano la vicenda, e deve essere tale se riferito ex ante con riguardo alla valutazione di una persona media. Infine, l'ultimo degli eventi sopra riportati riguarda il caso in cui, a seguito delle condotte persecutorie, il soggetto leso sia costretto, contro la sua volontà e non potendo fare altrimenti, a modificare rilevanti e gratificanti abitudini di vita.

Sulla base di quanto detto, l'illecito in esame sussiste solo quando siano integrati tutti i succitati elementi obbiettivi.

Che condotta deve avere il colpevole?

La condotta del reo deve essere connotata dal dolo generico, cioè dalla volontà e consapevolezza di porre in essere le sopra descritte condotte persecutorie, cagionando alla vittima uno degli eventi lesivi previsti dalla norma stessa. Infatti, il dolo dell'agente è contraddistinto dalla rappresentazione specifica che, a seguito della reiterazione seriale delle azioni delittuose predette, si verificherà nella vittima di uno degli accadimenti dannosi considerati.

Quando si consuma il reato e quali sono le pene previste ?

L'illecito in esame si consuma nel momento in cui, a seguito delle sopra descritte e seriali condotte delittuose, il reo cagioni nella vittima uno degli eventi lesivi descritti dalla norma.

L'illecito in esame è punito, salva l'applicazione di aggravanti, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Tuttavia, se il molestatore si spinge fino all’omicidio della vittima di stalking è punito con l’ergastolo.

Quali sono le aggravanti speciali ?

1) La pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso da persona già condannata per il delitto di cui al primo comma.

2) La pena è aumentata fino alla metà e si procede d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore ovvero se ricorre una delle condizioni previste dall'articolo 339 c.p.



3) Si procede altresì d'ufficio se il fatto è commesso con minacce gravi ovvero nei casi in cui il fatto è connesso con altro delitto per il quale è prevista la procedibilità d'ufficio.

Entro quanto tempo posso chiedere la punizione del colpevole ?

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio, come detto, se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di persona diversamente abile nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.


 
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mukkopazzo
view post Posted on 15/12/2010, 11:21




è stalking, la legge di conversione retroagisce
 
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handhy73
view post Posted on 15/12/2010, 11:26




Il reato di stalking - art. 612 bis c.p.,deve ritenersi commesso dopo l'entrata in vigore del D.L, qualora vi siano atti di minaccia o molestia compiuti prima dell’entrata in vigore, ed altri atti commessi dopo quel momento, legati da un vincolo di abitualità, senza alcuna violazione del principio di irretroattività della legge penale (Trib. Milano, 17-04-2009).

 
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STEF87h
view post Posted on 15/12/2010, 11:28




esatto La legge di conversione del decreto è retroattiva alla data del decreto che in questo caso è il 23feb 09 quindi sicuramente prima
il problema sembra piuttosto essere dovuto al momento dell commissi delicti perchè a me non sembra chiaro dalla traccia che la condotta si sia protratta anche dopo l'entrata in vigore....SONO UN NOVIZIO quindi prendete quest ultima cosa con le pinze :P
 
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Calabro
view post Posted on 15/12/2010, 11:29




mukkopazzo ma che dici!!!!dove lo avresti letto che retroagisce????
 
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mukkopazzo
view post Posted on 15/12/2010, 11:32




la legge che lo converte retroagisce all'emanazione del dl


il problema è diverso!
dalla traccia non si legge che ha commesso reati nel 2009!
 
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golfodinapoli
view post Posted on 15/12/2010, 11:33




SIGNORI HO TROVATO QUESTA CHE è RECENTISSIMA:
..............
Corte Cassazione Penale, sezione quinta - Sentenza n. 34015/2010 Corte di Cassazione Penale, sezione quinta - Sentenza n. 34015 del 21/09/2010
Stalking - Art. 612-bis codice penale - Integra il reato il reiterato comportamento molesto nei confronti della vittima in modo da provocarle sia un grave stato di ansia che il fondato timore per la sua incolumità, tanto da costringere la vittima stessa ad alterare le proprie abitudini di vita.


FATTO E DIRITTO

Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di (OMISSIS) avverso la ordinanza in data 26 novembre 2009 con la quale il Tribunale del riesame di (OMISSIS) ha accolto l’impugnazione proposta da D. G. G. avverso l’ordinanza del Gip, applicativa della misura cautelare ex art. 282 ter c.p.p. in relazione alla contestazione del reato di cui all’art. 612 bis c.p..

Per l’effetto, il Tribunale ha annullato la detta ordinanza cautelare ritenendo di non ravvisare il necessario compendio indiziario in materia di stalking.

In particolare, ad avviso del Tribunale, gli elementi indiziari raccolti e cioè un paio di sms telefonici inviati alla presunta vittima nonché altrettanti comportamenti dell’indagato (posti in essere uno nel maggio e uno nel luglio 2009) risoltisi in un caso in minacce di morte e nell’altro caso in un fatto di diffamazione, non presentavano il carattere della persecutorietà e della attitudine a generare uno stato di ansia tale da impedire alla persona offesa la propria vita lavorativa e familiare.

Deduce il vizio di motivazione e la erronea applicazione dell’art. 612 bis c.p.

Sotto il primo profilo il PM denuncia di illogicità l’argomentare del giudice del riesame che da un lato ha verificato i comportamenti ingiuriosi e minacciosi dell’indagato ma, dall’altro, ha negato loro qualsiasi attitudine alla invasività nella vita della persona offesa.

Sotto il secondo profilo sottolinea che il Tribunale ha ritenuto non dimostrato lo stato patologico della vittima, dimenticando che tale stato è previsto solo per una delle ipotesi alternative di stalking, quella cioè del cadere in uno stato di ansia e di paura. Era rimasta del tutto apoditticamente negata la integrazione della ulteriore modalità attuativa del reato, costituita dal versare, la vittima, nel timore per la incolumità propria a causa del comportamento vessatorio dell’indagato.

In data 14 giugno 2010 è pervenuta una memoria di replica nell’interesse del D. G. nella quale si dà atto della completezza e logicità del provvedimento impugnato.

Il ricorso è fondato.

Dalla lettura del capo di imputazione provvisorio si evince che al D. G. è stato contestato il reiterato comportamento molesto nei confronti della M. V., in modo da provocarle sia “un grave stato di ansia” che “il fondato timore per la sua incolumità”.

Si tratta, come correttamente osservato dal PM impugnante, di condotte alternative capaci tutte e ciascuna di integrare il reato in discussione.

Il reato ex art. 612 bis c.p. è infatti previsto quando il comportamento minaccioso o molesto di taluno, posto in essere con condotte reiterate, sia tale da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero, in alternativa, da ingenerare nella vittima un fondato timore per la propria incolumità ovvero, infine, tale da costringere la vittima stessa ad alterare le proprie abitudini di vita.

Il Tribunale è giunto ad escludere che le condotte dell’indagato abbiano avuto rilievo nell’ottica della provocazione dello stato di ansia e in quello di ingenerare la necessità di mutare le abitudini di vita: in particolare ne ha escluso il carattere assillante e/o persecutorio.

Tale conclusione appare però non in linea logica con la ricostruzione della vicenda, così come operata nella prima parte del provvedimento.

Lo stesso Tribunale ha infatti dato atto della denuncia della persona offesa la quale ha riferito di molestie telefoniche da maggio a luglio, di squilli telefonici anche nel corso della notte e della ricezione di sms; ha attestato altresì che la persona offesa ha anche raccontato di ripetute aggressioni verbali alla presenza di testimoni e delle iniziative gravemente diffamatorie assunte presso i propri datori di lavoro per indurli a licenziarla. Ancora il Tribunale ha dato atto dell’accertata ricezione degli sms, delle minacce di morte proferite dall’indagato all’indirizzo della denunciante affinché questa riprendesse la relazione sentimentale con lui ed infine delle azioni diffamatorie.

In conclusione, mentre appare oggettivamente indubbio il carattere ripetuto delle iniziative di molestia e di minaccia riportate nel provvedimento, non chiaro risulta se il Tribunale, nel dare atto, consecutivamente, di quelle denunciate e di quelle accertate, abbia inteso sostenere che le diverse emergenze si saldano ovvero che gli accertamenti di PG abbiano indotto a circoscrivere la attendibilità della persona offesa. Nel primo caso, infatti, apparirebbe manifestamente illogica o quantomeno del tutto carente di spiegazione razionale l’affermazione che si sia trattato anche di comportamenti contenuti nel numero e nella qualità, non “assillanti” e “non invasivi della vita altrui”. Soprattutto, alla luce della carenza di motivazione evidenziata, risulta del tutto manchevole anche l’analisi riguardo alla attitudine dei detti comportamenti ad ingenerare un perdurante e grave stato di ansia o anche soltanto di paura oppure un fondato timore per l’incolumità propria o altrui, requisiti tutti previsti, come detto alternativamente, dall’art. 612 bis e oggetto di esplicita contestazione.

L’affermazione in tal senso resa dai giudici presenta invero carattere di apoditticità e l’esame del punto deve dunque essere ripetuto.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di (OMISSIS) per nuovo esame.
 
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214 replies since 14/12/2010, 19:17   46100 views
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