esame avvocato 2010

Lavoro su svolgimento Traccia 1, Qui potete lavorare allo svolgimento della Traccia 1

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esameavvocato2010
icon14  view post Posted on 14/12/2010, 11:22




Qui potete lavorare allo svolgimento della Traccia 1

Traccia
Soc. Beta conferisce a tizio dottore commercialista incarico professionale di difendere innanzi alla competente commissione tributaria provinciale in un contenzioso tributario particolarmente complesso relativo a taluni contestati avvisi di rettifica in forza di suddetto incarico, tizio svolge per un lungo periodo di tempo l'attività professionale difensiva.

Nel corso di tale attività il professionista tizio riceve una missiva proveniente dalla soc. Beta con la quale con la quale gli si comunica l'intenzione di affiancargli nel compimento dell'attività difensiva l'avv. caio specializzato nella materia fiscale a seguito del procedimento ricevimento della missiva tizio comunica alla soc Beta la propria volontà di recedere dal contratto.
Nel contesto della medesima missiva lo stesso formula richiesta di rimborso delle spese effettuate e di corresponsione del compenso oltreche il risarcimento del danno subito.

Il candidato, assunte le vesti di legale della soc beta rediga parer motivato in ordine alla fondatezza della pretesa del professionista tizio.
 
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annavern
view post Posted on 14/12/2010, 11:30




si,sto cercando possibili sentenze!mi pare strano che la corte d'appello di milano rislova il caso..non so
 
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mukkopazzo
view post Posted on 14/12/2010, 11:30




non possiamo usare la corte d'app di milano
 
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esameavvocato2010
view post Posted on 14/12/2010, 11:42




CITAZIONE (Big-Jimrg79 @ 14/12/2010, 11:08) 
Art. 2237.
Recesso.

Il cliente può recedere dal contratto, rimborsando al prestatore d'opera le spese sostenute e pagando il compenso per l'opera svolta.

Il prestatore d'opera può recedere dal contratto per giusta causa. In tal caso egli ha diritto al rimborso delle spese fatte e al compenso per l'opera svolta, da determinarsi con riguardo al risultato utile che ne sia derivato al cliente.

Il recesso del prestatore d'opera deve essere esercitato in modo da evitare pregiudizio al cliente.



È privo di giusta causa il recesso del dottore commercialista dal mandato professionale determinato esclusivamente dalla nomina di un ulteriore difensore di fiducia: ne deriva che, ai sensi dell'art. 2237 c.c., a seguito del recesso il professionista non ha diritto al rimborso delle spese fatte ed al compenso per l'opera svolta ma, al più, solo il rimborso delle spese borsuali sostenute per conto e nell'interesse del cliente salvo il risarcimento dell'eventuale pregiudizio causato al cliente.
Corte appello Milano
Data: 24 settembre 2008


La società A. s.a.s. propone opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano su istanza del dott. S.P.L. chiedendone la revoca, previo accertamento dell'inesistenza della pretesa di credito avanzata dall'opposto. Quest'ultimo, esercente l'attività professionale di dottore commercialista, deducendo di aver difeso la società opponente in un contenzioso instaurato presso la competente commissione tributaria provinciale nei confronti dell'ufficio Iva di Milano, a seguito della notifica di alcuni avvisi di rettifica, sostiene di non aver ricevuto le somme ad egli spettanti per l'opera prestata fino alla rimessione del mandato, a seguito della rottura del vincolo fiduciario derivante dalla nomina aggiuntiva di un altro professionista per l'espleta mento dell'attività difensiva nella stessa controversia. A sostegno della propria pretesa, il professionista dopo aver dedotto la legittimità del proprio operato espletato fino all'intervenuto recesso - a seguito della volontà espressagli dalla cliente di affiancargli nella difesa dinanzi alla Commissione tributaria un avvocato specializzato in materia fiscale - deposita la parcella degli onorari maturati, corredata del parere di congruità emesso dal Consiglio dell'Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano.
Interposto appello avverso la sentenza con la quale il Tribunale aveva rigettato l'opposizione, i giudici del gravame la riformano, revocando il decreto ingiuntivo opposto, accertando e dichiarando che l'appellato non aveva e non ha diritto al pagamento del compenso in conseguenza del suo recesso - privo di giusta causa - dal rapporto d'opera professionale.
2. LA DECISIONE DEI GIUDICI MILANESI
La Corte di merito milanese, censura la tesi espressa nella sentenza del Tribunale, laddove riconosce l'esistenza del diritto del professionista a percepire il compenso ad esso spettante per l'attività espletata in favore della cliente sino alla comunicazione della sua volontà di recedere dal mandato.
La riforma della decisione di primo grado si basa sull'erronea valutazione espressa in ordine alla causa che avrebbe giustificato il recesso del commercialista dal rapporto, individuata nella presunta rottura del vincolo fiduciario intercorrente con la cliente, che a dire del medesimo professionista sarebbe stata determinata dalla nomina «aggiuntiva» di un avvocato specializzato nella trattazione di controversie in materia fiscale, per sostenere la difesa dinanzi alla locale Commissione tributaria.
In buona sostanza, l'appunto rivolto dalla Corte di merito al giudice di prime cure attiene alla mancata spiegazione delle motivazioni sulla cui scorta avrebbe statuito che la nomina di un professionista in aggiunta a quello già nominato sarebbe da considerare un atto giustificativo del recesso da parte di quest'ultimo.
Ed infatti i giudici del gravame - diversamente dal Tribunale - fondano la loro decisione sul rilievo che nessuna norma giuridica od etica impedisce al cliente di procedere al conferimento di incarichi di consulenza o difesa a più di un professionista, per tale ragione non potendo assumersi che la nomina di due o più professionisti sia sempre e comunque un modo per esprimere sfiducia in ciascuno di essi preso singolarmente. La Corte ha cura di precisare che a tale conclusione non potrebbe pervenirsi neppure in una fattispecie come quella in esame, in cui, la nomina di un professionista aggiunto avvenga non contestualmente, ma successivamente alla nomina del primo, motivando il proprio assunto con l'aumento delle probabilità di vittoria che il cliente spera di trarre dall'apporto congiunto e sinergico di più professionisti, ognuno dei quali esperto in materie o campi diversi, oltre che dotato di qualità infungibili.
3. L'ART. 2237 C.C. E LA GIUSTA CAUSA DI RECESSO DEL PROFESSIONISTA
Il ragionamento seguito dalla Corte nella sentenza in commento muove da alcune considerazioni di fondo sul concetto di «giusta causa» di recesso dal contratto d'opera professionale.
In particolare, la «giusta causa» è quell'avvenimento esteriore che influendo sullo svolgimento del rapporto determina la prevalenza dell'interesse di una parte all'estinzione sull'interesse dell'altra alla conservazione del rapporto. Dunque, il concetto di giusta causa che qui rileva, dovrebbe consistere in una situazione sopravvenuta che attiene allo stesso svolgimento del rapporto, impedendo la realizzazione della funzione economico-giuridica e, quindi, il conseguimento della causa del negozio, fonte del rapporto, considerata nel suo aspetto funzionale.
Ciò premesso, secondo l'orientamento emerso nella giurisprudenza di legittimità, l'inadempimento deve essere ricompreso nella nozione di giusta causa (1)

(1) Del resto, va precisato che la responsabilità del prestatore d'opera intellettuale è regolata dall'art. 1176 c.c. che fa obbligo al professionista di usare nell'adempimento delle obbligazioni inerenti la sua attività professionale, la diligenza del buon padre di famiglia, con la conseguenza che egli risponde anche per colpa lieve. Nella sola ipotesi che la prestazione dedotta in contratto implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, la norma dell'art. 2236 c.c. prevede invece una attenuazione della normale responsabilità, nel senso che il professionista è tenuto al risarcimento del danno unicamente per dolo o colpa grave. La prova dell'esistenza di tale presupposto, che comporta una deroga alle norme generali sulla responsabilità per colpa, grava sul professionista. Così Cass., sez.II, 11 agosto 1990, n. 8218, in Mass. Giust. civ. , 1990, 8. , poichè è proprio il primo a far venire meno, prima di ogni altro fatto, il presupposto fiduciario del rapporto (2)

(2) Del resto il fondamento della previsione contenuta nell'art. 2237 c.c. risiede nell'impossibilità che il rapporto di lavoro autonomo possa proseguire, ragion per cui la dichiarazione unilaterale rivolta da una parte all'altra di voler recedere dal rapporto, opera quale valida causa di estinzione. . Inoltre, poiché la normativa che qui interessa è caratterizzata da una certa genericità, a maggior ragione la sua interpretazione in sede applicativa richiede una stretta correlazione con lo specifico tipo di situazione oggetto d'esame (3)

(3) Cfr. Cass., sez. lav., 1 ottobre 2008, n. 24367, in http://dejure.giuffre.it. .
Ed è per tale motivo che il giudizio di fatto che ne deriva, ai fini della sussunzione della fattispecie nell'ipotesi normativa qui considerata, inevitabilmente si colora di consistenti aspetti valutativi, che risultano essere funzionali alla sua stessa qualificazione in termini legali, il cui compimento, in ultima analisi, spetta al giudice di merito, che deve fornirne un'adeguata motivazione, in tal modo permettendo la verifica della congruità logica e della correttezza giuridica, sulla base di un adeguato accertamento specifico condotto sugli elementi strettamente fattuali della singola fattispecie considerata (4)

(4) Cfr. Cass., sez.lav., 1 ottobre 2008, n. 24367, cit. .
Nel caso esaminato, la semplice nomina di un secondo prestatore d'opera, peraltro diversamente qualificato dal primo, non sembra costituire un elemento dirimente sul piano dell'adempimento delle obbligazioni scaturenti dal contratto, sulla cui base poter ritenere configurabile un serio ed apprezzabile vulnus al vincolo fiduciario.
Se davvero ciò fosse accaduto, la società cliente del dottore commercialista avrebbe certamente provveduto a revocare il mandato precedentemente conferito al suddetto professionista invece di decidere di affiancargli «in aiuto» un secondo, che peraltro, oltre ad essere dotato di uno specifico bagaglio tecnico nella stessa materia considerata, è operante in un diverso ambito professionale (5)

(5) Tuttavia all'ampia previsione legislativa relativa alla facolta del cliente di poter recedere ad nutum dal contratto di prestazione d'opera intellettuale attraverso la revoca al professionista del mandato precedentemente conferito, contemplata dall'art. 2237 comma 1 c.c., non può riconoscersi carattere inderogabile, essendo consentita l'apposizione di un termine per il valido esercizio della suddetta facoltà. Cfr. Cass., sez. II, 29 novembre 2006, n. 25238, in Mass. Giust. civ. , 2006, 11; App. Milano 21 aprile 2004, in questa Rivista , 2005, 3, 585 ( s. m. ); Cass., sez. lav., 6 maggio 2000, n. 5738, in Mass. Giust. civ. , 2000, 949. .
In buona sostanza, una cosa è l'insoddisfazione manifestata dal cliente per l'operato svolto dal professionista, ed un'altra, il fine coltivato dal cliente nel voler accrescere le proprie chance di vittoria - nella fattispecie, riferito al contenzioso in essere presso la commissione tributaria - con la nomina di un ulteriore prestatore d'opera (6)

(6) Che nel caso in esame neppure potrebbe rilevare quale comportamento concludente, sulla cui scorta poter desumere implicitamente una qualche volontà del cliente di voler porre fine al rapporto. Sull'argomento, cfr. Cass., sez. II, 12 novembre 1976, n. 4181, in Mass. Giur. it. , 1976, 984. . È allora evidente come soltanto ove si versi nella prima ipotesi sarà consentito al professionista avvalersi della facoltà di rinunciare al mandato, senza che ciò comporti a suo carico la perdita del diritto ad esigere il compenso dal cliente (7)

(7) In tal senso cfr. Cass., sez. II, 21 ottobre 1998, n. 10444, in http://dejure.giuffre.it , laddove afferma che «il recesso operato ai sensi dell'art. 2237 c.c. non fa perdere al prestatore d'opera recedente il diritto al compenso per le prestazioni eseguite. Tale compenso non può che essere determinato alla stregua dei criteri previsti dall'art. 2225 c.c., che pone in primo piano la determinazione negoziale». , sussistendo la giusta causa nella rottura del rapporto per il venir meno della reciproca fiducia che di norma accompagna fattispecie come quella in esame, in cui l'elemento dell' intuitus personae assume un ruolo fondamentale (8)

(8) Ed infatti la revoca del mandato è espressione del principio secondo il quale il rapporto di prestazione d'opera professionale può sempre essere oggetto di recesso da parte del cliente, fermo restando il diritto del professionista a percepire i compensi ex art. 2237 comma 1 c.c.: così Trib. Bari 20 maggio 2008, in http://dejure.giuffre.it. .
Né può ritenersi che il rapporto d'opera professionale debba essere informato al rispetto della fedeltà del cliente verso il professionista, atteso che poiché solitamente è quest'ultimo ad essere «scelto» dal primo e non viceversa, ove si intendesse accedere ad una diversa impostazione, si finirebbe con il dover accettare l'esistenza di un obbligo incondizionato del cliente al rispetto del diritto di esclusiva verso un determinato professionista (9)

(9) Come acutamente sostenuto dai giudici di appello, laddove si mette in guardia dai possibili rischi di un'ipersensibilità del professionista verso qualunque comportamento del cliente che in qualche modo possa sembrargli offensivo o comunque lesivo della sua dignità professionale, ovvero influire significativamente sul rapporto fiduciario. .
4. LA DETERMINAZIONE DEL COMPENSO SPETTANTE AL PROFESSIONISTA
In tema di valido esercizio del recesso da parte del prestatore d'opera intellettuale, sulla scorta di quanto stabilito dall'art. 2237 comma 2 c.c., al professionista spetta il rimborso delle spese fatte ed il compenso per l'opera svolta in ragione del risultato utile conseguito dal cliente (10)

(10) Cfr. Cass., sez. I, 27 giugno 2005, n. 13753, in Mass. Giust. civ. , 2005, 6. . Ed infatti, a norma dell'art. 2237 c.c. che si riferisce alle prestazioni intellettuali, a carico del cliente possono essere posti solo le spese fatte dal professionista ed il compenso già maturato per l'opera svolta (11)

(11) A tal riguardo, cfr. però quanto statuito da Cass., sez. II, 21 ottobre 1992, n. 11497, in Mass. Giust. civ. , 1992, 10, relativa all'ipotesi in cui vi sia stata tra le parti una valida convenzione nel senso di ancorare non la misura del compenso, ma il diritto stesso al compenso del professionista alla realizzazione di un determinato risultato - essendo nota la piena ammissibilità per i contratti d'opera della previsione di particolari condizioni per l'erogazione dei compensi, sà dà poterli configurare come veri e propri contratti aleatori - da cui consegue che il mancato verificarsi del risultato utile previsto, comporta che nessun diritto al compenso può dirsi mai sorto a favore del professionista, neppure in caso di revoca dell'incarico, nella misura più limitata dell'opera effettivamente prestata, a meno che il recesso del cliente sia stato la causa del venir meno del risultato. , una volta cessati ex nunc gli effetti del contratto, dovendo escludersi ogni diritto al risarcimento del danno, che presupponendo un atto illecito, esula da tale genere di fattispecie, in quanto il recesso del cliente altro non è se non la conseguenza del venir meno della fiducia riposta nel professionista. In tale ottica la corretta interpretazione dell'art. 2237 c.c. induce quindi ad escludere in radice che il recesso unilaterale del cliente possa di per sé solo giustificare una pretesa risarcitoria da parte del professionista (12)

(12) Cfr. Cass., sez. II, 12 agosto 1989, n. 3707, in Mass. Giust. civ. , 1989, 8-9. .
In definitiva, il compenso spettante al professionista che ha reciso il rapporto con il cliente in presenza della «giusta causa» di cui all'art. 2237 comma 2 c.c., va determinato secondo il criterio di «gradualità» delle fonti stabilito dall'art. 2233 c.c. e quindi, in primo luogo, tenendo conto delle condizioni precedentemente concordate, e con esclusione di ogni diritto a conseguire maggiori importi a titolo di risarcimento del danno per il mancato guadagno (13)

(13) Cfr. Cass., sez. II, 13 gennaio 1979, n. 271, in Mass. Giust. civ. , 1979, 126. .
5. CONSIDERAZIONI FINALI
La breve disamina sin qui condotta sulla sentenza della Corte milanese, consente di ritenere acquisiti quattro importanti elementi: 1) il recesso del professionista è valido ed efficace anche in mancanza di una giusta causa, ma gli fa perdere il diritto ad esigere il compenso per l'attività prestata potendo chiedere esclusivamente il rimborso delle spese borsuali sostenute nell'interesse del cliente (14)

(14) Cfr. Cass., sez. lav., 25 giugno 2007, n. 14702, in Guida dir. , 2007, 32, 61 ( s. m. ): «l'art. 2237, c.c., nel consentire al cliente di recedere dal contratto di prestazione di opera intellettuale ammette, in senso solo parzialmente analogo a quanto stabilito dall'art. 2227 c.c. per il contratto d'opera, la facoltà di recesso indipendentemente da quello che è stato il comportamento del prestatore d'opera intellettuale, ossia prescindendo dalla presenza o meno di giusti motivi a carico di quest'ultimo. Tale amplissima facoltà - che trova la sua ragione d'essere nel preponderante rilievo attribuito al carattere fiduciario del rapporto nei confronti del cliente - ha come contropartita l'imposizione a carico di quest'ultimo dell'obbligo di rimborsare il prestatore delle spese sostenute e di corrispondergli il compenso per l'opera da lui svolta, mentre nessuna indennità è prevista (a differenza di quanto prescritto dall'art. 2227, cit.) per il mancato guadagno. Ciò non esclude, tuttavia, che ove si inseriscano nel contratto clausole estranee al suo contenuto tipico, alle stesse possano applicarsi, in mancanza di più specifiche determinazioni, le normali regole relative all'inadempimento dei contratti, con la possibilità, nel caso di contratto a prestazioni corrispettive, di avvalersi di quella forma di autotutela rappresentata dall' exceptio inadimplenti non est adimplendum »; In senso conforme, cfr. Cass., sez. lav., 11 giugno 1999, n. 5775, in Mass. Giust. civ. , 1999, 1332. , nei cui confronti permane la responsabilità per il risarcimento del danno eventualmente arrecatogli (15)

(15) Cfr. Cass., sez. III, 24 maggio 2004, n. 9996, in Mass. Giust. civ. , 2004, 5, secondo cui «il recesso ingiustificato dal contratto di una delle parti, integrando inadempimento della stessa, giustifica la condanna generica di questa al risarcimento del danno, indipendentemente dal concreto accertamento di uno specifico pregiudizio patrimoniale, posto che l'anticipato scioglimento del rapporto è di per se un evento potenzialmente generatore di danno, avendo turbato e compromesso le aspettative economiche della parte adempiente, anche se fatti specifici di violazione contrattuale non abbiano, in ipotesi, prodotto direttamente alcun pregiudizio patrimoniale al contraente incolpevole» cfr. anche Cass., sez. II, 23 maggio 2000, n. 6690, in Giur. it. , 2001, 23; Cass., sez. III, 19 aprile 2001, n. 5817, in Mass. Giust. civ. , 2001, 837; Cass., sez. III, 1 agosto 2001, n. 10482, in Mass. Giust. civ. , 2001, 1512. ; 2) il cliente può invece recedere ad nutum dal rapporto senza per questo dover subire conseguenze risarcitorie in suo danno (16)

(16) Cfr. Pret. Milano 5 marzo 1997, in Or. giur. lav. , 1997, 350: «in tema di professioni intellettuali, non è applicabile la disposizione di cui all'art. 1725 c.c., secondo cui in caso di revoca del mandato oneroso senza che ricorra una giusta causa, il mandante è obbligato al risarcimento del danno nei confronti del mandatario». , salvo che sia previsto - anche in assenza di uno specifico patto - un termine per il suo valido esercizio; 3) la giusta causa deve essere «seria» (17)

(17) Come si verifica ad esempio nel caso della mora del cliente nel corrispondere il compenso, che può giustificare il recesso del professionista dal rapporto di prestazione d'opera, senza arrecare pregiudizio al cliente, ai sensi dell'art. 2237 comma 3 c.c. Su tale punto, cfr. Cass., sez. un., 26 marzo 1997, n. 2661, in Mass. Giust. civ. , 1997, 461. e reale, non potendo certo ravvisarsi in una sorta di ipersensibilità avvertita dal professionista nel rapporto con il cliente; 4) la nomina aggiuntiva di un professionista costituisce un elemento di fatto liberamente valutabile dal giudice chiamato a decidere sull'esistenza di una giusta causa idonea a legittimare ex art. 2237 c.c. l'esercizio del recesso da parte del professionista.
Infine, la responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il danno del quale è chiesto il risarcimento (18)

(18) Cfr. Cass., sez. II, 23 marzo 2006, n. 6537, in http://dejure.giuffre. it ; In senso conforme, cfr. Cass., sez. III, 9 giugno 2004, n. 10966, in Mass. Giust. civ. , 2004, 6. .
La motivazione offerta dalla Corte di merito meneghina prende in esame tutti i punti sopra evidenziati, riformando la decisione del Tribunale in punto di diritto ma anche di fatto, laddove afferma che la tesi dell'appellato professionista appare talmente irragionevole da potersi considerare finanche potenzialmente in grado di sovvertire le ordinarie regole giuridiche e deontologiche che informano il rapporto d'opera professionale



Tutti quelli che possono contribuire allo svolgimento di questa traccia scrivessero qui, grazie.
 
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memole33
view post Posted on 14/12/2010, 11:44




non trovo la sentenza
 
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esameavvocato2010
view post Posted on 14/12/2010, 11:44




Autorità: Corte appello Milano
Data: 24 settembre 2008
Numero:
Parti: -
Fonti: Giur. merito 2009, 6, 1536 (s.m.) (nota di: AMENDOLAGINE)

Classificazione
LAVORO AUTONOMO Professioni intellettuali recesso


Testo
Lavoro autonomo - Professioni intellettuali - Recesso - Dottore commercialista - Nomina in aggiunta di un secondo difensore - Giusta causa di recesso - Insussistenza - Conseguenze.

È privo di giusta causa il recesso del dottore commercialista dal mandato professionale determinato esclusivamente dalla nomina di un ulteriore difensore di fiducia: ne deriva che, ai sensi dell'art. 2237 c.c., a seguito del recesso il professionista non ha diritto al rimborso delle spese fatte ed al compenso per l'opera svolta ma, al più, solo il rimborso delle spese borsuali sostenute per conto e nell'interesse del cliente salvo il risarcimento dell'eventuale pregiudizio causato al cliente.
 
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ladybeard
view post Posted on 14/12/2010, 11:45




ma questo parere si trova su qualche testo?
 
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crazy80
view post Posted on 14/12/2010, 12:03




chi sta facendo il parere I traccia
 
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ALEmagicolupo
view post Posted on 14/12/2010, 12:04




da dentro mi viene kiesto il numero della sentenza relativo alle 2 tracce...si può chiarire con certezza qual'è?scusate ma nn sn pratico
 
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signò
view post Posted on 14/12/2010, 12:09




Cass. civ. Sez. III, 26/04/2010, n. 9917

PROFESSIONI INTELLETTUALI
Professioni intellettuali, in genere

LAVORO - Lavoro autonomo - Contratto d'opera - Professioni intellettuali - Responsabilità - In genere - Responsabilità del commercialista - Configurabilità - Condizioni - Onere probatorio a carico del cliente - Contenuto
La responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente e, in particolare, trattandosi dell'attività del commercialista incaricato dell'impugnazione di un avviso di accertamento tributario, l'affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole del ricorso alla commissione tributaria, che avrebbe dovuto essere proposto e diligentemente seguito. (Rigetta, App. Roma, 17/03/2005)

Cass. civ. Sez. III, 26/04/2010, n. 9917

 
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Big-Jimrg79
view post Posted on 14/12/2010, 12:09




La nomina, nel corso del giudizio, di un secondo procuratore non autorizza, di per sè sola, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia fatta in sostituzione del primo procuratore dovendosi invece presumere che sia stato aggiunto al primo un secondo procuratore, e che ognuno di essi sia munito di pieni poteri di rappresentanza processuale della parte, in base al principio del carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato stabilito dall'art. 1716, comma 2, c.c.
Cassazione Civile, Sezione Lavoro, sentenza 4 maggio 2005, n. 9260

 
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avvfra
view post Posted on 14/12/2010, 12:10




potrebbe andare bene la sentenza 21977 27 ottobre 2010 Cass. Civ. sez. lavoro
 
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marta80
view post Posted on 14/12/2010, 12:10




sapete dirmi dove trovare le risposte alle tracce
 
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Ieronimoy
view post Posted on 14/12/2010, 12:10




Bigjim tagghiala e scriviti finalmente su facebook o torna su villaceramica
 
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signò
view post Posted on 14/12/2010, 12:11




RAGAZZI POSTATE SOLO LE SENTENZE DELLA PRIMA TRACCIAAAAAAAAAAAA NN FATE CONFUSIONE QUESTA DISCUSSIONE è RISERVATA ALLA PRIMA TRACCIAAAAAAAAAAA
 
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179 replies since 14/12/2010, 11:22   50879 views
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