esame avvocato 2010

svolgimento parere di diritto penale 2010

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vinge74
icon6  view post Posted on 15/12/2010, 21:41




La soluzione del parere proposto, non può prescindere da una preventiva disamina del tempo in cui è stato commesso il reato ed, in particolare, del momento in cui si è avuta la consumazione dello stesso.
Il concetto di consumazione esprime la piena conformità del fatto posto in essere dall’uomo all’ipotesi astratta delineata dal legislatore.
Particolare interesse ai fini della soluzione del caso di specie, riveste il momento della consumazione in ordine, però, ai reati abituali e continuati stante i molteplici comportamenti posti in essere da Tizio.
Si definisce abituale il reato nel quale il comportamento criminoso viene prodotto dalla reiterazione (da parte del reo) nel tempo di più condotte identiche e omogenee; la condotta deve essere necessariamente plurisussistente.
Il reato abituale può essere distinto in proprio (le singole condotte, considerate autonomamente, sono penalmente irrilevanti) e in improprio (le singole condotte, integrano di per sé reato e la reiterazione della condotta dà luogo a un’aggravante o ad una figura di reato più grave).
A seconda della natura e del momento consumativo del reato (durata dell'illecito), questi può essere istantaneo, permanente, continuato, abituale o professionale.
Il reato continuato di cui all’art. 81 c.p. rappresenta una particolare ipotesi di concorso materiale trattato specificamente in quanto i vari fatti illeciti posti in essere dal reo, fanno parte tutti di un medesimo e unitario disegno criminoso.
Passando ora alla trattazione del caso in esame, risultano senz’altro sussistere tutti gli elementi costitutivi del reato di cui all’art 612 bis c.p. c.d. “stalking” (termine derivato dall’esperienza giuridica anglosassone) in considerazione del comportamento assunto da Tizio.
La detta disposizione normativa, introdotta grazie al decreto legislativo 23 febbraio 2009 n. 11, entrato in vigore il 25 successivo, sanziona i comportamenti persecutori diretti o indiretti, ripetuti nel tempo, che incutono uno stato di soggezione nella vittima, provocandole un disagio fisico o psichico e un ragionevole senso di timore oltre che un mutamento della abitudini di vita.
Di talché appare evidente che quello designato dal legislatore sia un vero e proprio reato abituale, più esattamente quello che la migliore dottrina definisce “reato necessariamente abituale”.
In mancanza della indicata disposizione i reati a cui si sarebbe dovuto far riferimento nel caso in esame, sarebbero stati quelli di cui all’art. 610 c.p. “violenza privata” che si ha allorché “chiunque con violenza o minaccia costringe altri a fare, tollerare o ad omettere qualche cosa” e di cui all’art. 660 c.p. che punisce il fatto di colui che rechi a taluno molestie o disturbo per petulanza o biasimevole motivo, in luogo pubblico o aperto, o con il mezzo del telefono.
In tale ipotesi Tizio avrebbe dovuto esser sottoposto, in virtù del principio della continuazione di cui al detto art. 81 c.p. e sussistendo i requisiti perché si configuri, alla pena per la violazione più grave (violenza) aumentata fino al triplo.
Stante però il principio ormai consolidato secondo cui “anche con due sole condotte di minaccia o di molestia come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice” (in tal senso Cassazione 17 febbraio 2010 n. 6417), deve applicarsi la pena prevista per il reato di cui all’art. 612 bis c.p. (più lieve rispetto a quella prevista per i reati in continuazione di cui sopra) in virtù, ovviamente, del principio del “favor rei” (art. 2 comma 3 c.p.) che, notoriamente, introduce eccezione al principio dell’irretroattività della legge penale secondo cui la norma giuridica non si applica a fatti o rapporti sorti prima che la medesima entrasse in vigore.


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