esame avvocato 2010

Gruppo di Lavoro su svolgimento Traccia 1

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nau82
view post Posted on 15/12/2010, 12:23




CITAZIONE (Seer Aldebaraan @ 15/12/2010, 10:59) 
NEL MERITO con riferimento alla successione C'è:

TRIBUNALE PENALE DI NOLA, sentenza del 28 gennaio 2010. Stalking – Reato abituale – Condotte poste in essere prima e dopo l’entrata in vigore della legge che prevede il reato
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STALKING (art. 612 bis c.p.) – MOLESTIE (art. 660 c.p.)
SUCCESSIONE DI LEGGI
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SI APPLICA LA LEGGE PIU’ SFAVOREVOLE SE PARTE DELL’AZIONE CRIMINOSA CHE DETERMINA LA CONSUMAZIONE DEL REATO E’ STATA POSTA IN ESSERE DOPO L’ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE STESSA

STALKING
Reato abituale - Condotte poste in essere in parte prima dell’entrata in vigore della legge di previsione del nuovo reato e parte commesse dopo – Applicabilità della legge vigente nel tempo in cui il reato si è consumato anche se più sfavorevole al reo.

[Tribunale Penale di Nola coll. C) Pres. Dr. Aschettino, Giudici dr.ssa Capasso est., dr.ssa Palmieri sentenza N. …./10 del 28.01.2010]

( massima a cura dell’ Avv. Angelo Pignatelli )


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TRIBUNALE PENALE DI NOLA


OMISSIS…


Con riguardo alla condotta rubricata al capo G, essa è stata prevista come fattispecie incriminatrice grazie alla entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2009 n. 11 che ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico il reato di atti persecutori di cui all'art. 612 bis c.p. In ordine a tale ipotesi di reato, va brevemente premesso che, come emerge anche dalla lettura dei relativi lavori parlamentari, il fenomeno dello stalking -termine derivato dall'esperienza giuridica dei Paesi Anglosassoni ed unanimemente recepito dalla nostra dottrina negli ultimi anni -è individuato nel comportamento assillante e invasivo della vita altrui realizzato mediante la reiterazione insistente di condotte intrusive, quali telefonate, appostamenti, pedinamenti fino, nei casi più gravi, alla realizzazione di condotte integranti di per sé reato (minacce, ingiurie, danneggiamenti, aggressioni fisiche). La previsione incriminatrice di cui all'art. 612 bis c.p. sanziona quindi, i comportamenti persecutori, diretti o indiretti. ripetuti nel tempo, che incutono uno stato di soggezione nella vittima provocandole un disagio fisico o psichico e un ragionevole senso di timore, oltre che un mutamento delle abitudini di vita. Prima della introduzione di tale nuova ipotesi di reato, il fenomeno dello stalking poteva essere sanzionato solo se integrante il reato contravvenzionale di molestie (art. 660 c.p.), di per sè non idoneo a colpire efficacemente l'agente e, soprattutto, a prevenire la possibile escalation dei suoi atti persecutori, laddove nel caso di commissione di condotte più gravi -come la violenza privata o i reati contro la vita o l'incolumità individuale- la risposta sanzionatoria si poteva avere solo quando la persecuzione dell'agente era è già sfociata in condotte lèsive della vita o della incolumità personale della vittima e, quindi, allorquando tali beni erano stati già danneggiati, a volte in maniera definitiva. AI fine, quindi, di colmare il vuoto di tutela della vittima di comportamenti ripetuti ed insistenti tali da non integrare ancora i più gravi reati contro la vita o l'incolumità personale, ma comunque idonei a fondare un giustificato timore per tali beni giuridici, è stata prevista la nuova fattispecie di reato di cui all'art. 612 bis c.p. Perché sussista la fattispecie delittuosa è quindi necessario, in primo luogo, che la condotta minacciosa e/o violenta sia reiterata nel tempo e sia posta in essere con coscienza e volontà; ancora, perché possa ritenersi integrato il reato in esame, occorre che i suddetti comportamenti abbiano l'effetto di provocare nella persona offesa uno stato di disagio emotivo e psicologico, il timore per la propria incolumità e per quella delle persone care, ovvero che sia tale da indurre la vittima a modificare le proprie abitudini di vita. Nel caso in esame, dalla istruttoria dibattimentale risulta senz'altro provata la sussistenza di tutti i su elencati elementi costitutivi del reato di stalking con riguardo alle condotte poste in essere dall’imputato in epoca successiva alla entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2009 n. 11, in quanto già di per sé integranti un sistema di atti persecutori. Siccome però le molestie, le violenze e le minacce dell'imputato nei confronti della persona offesa sono iniziate in epoca anteriore all’ entrata in vigore della nuova previsione incriminatrice, si pone con riguardo a tali condotte una questione di successione di legge nel tempo. Secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, espresso con riferimento ad un altro reato abituale quello di cui all'art. 9 co II L. 1423/1956, la applicazione della legge penale sopravvenuta più sfavorevole è consentita allorquando almeno parte della condotta sia stata posta in essere dopo l'entrata in vigore della suddetta legge penale, in quanto il tempus commissi delictì da considerare ai fini della applicazione dell'art. 2 c.p., è quello in cui il reato si è consumato (vd. Cass. pen. 20334 del 11/5/2006). Nel caso in esame, le condotte persecutorie sono cominciate senz'altro in epoca antecedente alla entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2009 n. 11 anche se, come più volte evidenziato, dopo l'episodio di violenza avvenuto il 15 febbraio 2009 si è verificato un crescendo di tali atti persecutori, per cui è senz'altro possibile affermare che prima della entrata in vigore della nuova norma incriminatrice non si era verificata la consumazione, ovvero il perfezionamento del reato di stalking. Rispetto alla entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2009 n. 11, quindi le 'condotte indicate ai capi B e C si pongono come parti dell'elemento oggettivo del delitto' di cui all'art. 612 bis c.p., assorbiti nello stesso, laddove la consumazione si è avuta, per quanto sopra argomentato, in data poco antecedente all'ultimo arresto di Tizio, ovvero il …. 2009.

OMISSIS….

 
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handhy73
view post Posted on 15/12/2010, 12:24




Stalking: prime applicazioni dell’art.612-bis c.p. e distinzione dal reato di maltrattamenti
Presupposti per l’applicazione dell’art. 612 bis c.p.

1) Gli atti e comportamenti volti alla minaccia o alla molestia devono essere reiterati.

2) I comportamenti devono essere intenzionali e finalizzati alla molestia.

3) I detti comportamenti devono avere l’effetto di provocare disagi psichici, timore per la propria incolumità e quella delle persone care nonché un pregiudizio alle abitudini di vita.

Tribunale di Bari, Sezione Riesame, Ordinanza del 6 aprile 2009 n. 347


Il fenomeno dello “stalking”.

I Giudici del Tribunale di Bari, richiamando nell’Ordinanza in esame le schede dell’Ufficio Studi del Dipartimento Giustizia relative ai lavori parlamentari che hanno portato all’introduzione dell’art.612 bis c.p. mediante il d.l. 23 febbraio 2009 n.11, osservano come il fenomeno dello “stalking” consiste nel “ comportamento assillante e invasivo della vita altrui realizzato mediante la reiterazione insistente di condotte intrusive, quali telefonate, appostamenti, pedinamenti fino, nei casi più gravi, alla realizzazione di condotte integranti di per sé reato ( minacce, ingiurie, danneggiamenti, aggressioni fisiche) ”.

 
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nau82
view post Posted on 15/12/2010, 12:24




scusa mi puoi spiegare cosa hai postato,l'evoluzione della disciplian in merito al reato???non so niente di diritto purtroppo:-(
 
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massimodinoi
view post Posted on 15/12/2010, 12:25




CITAZIONE (mentore73 @ 15/12/2010, 12:19) 
CITAZIONE (rob23 @ 15/12/2010, 12:04) 
mentore 73 fai tu copia e incolla e mettilo qui......ci sono tante persone che non capisco un tubo

rob nn ho capito cosa vuoi che posti?

IMMAGINO CHE SI RIFERISSE ALLE SENTENZE 2010 DI CUI PARLAVI PRIMA
 
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pacos7
view post Posted on 15/12/2010, 12:26




Integrano il delitto di atti persecutori, di cui all’art. 612-bis c.p., anche due sole condotte di minaccia o di molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice.

Cosi hanno affermato i giudici della Suprema Corte con la sentenza 21 gennaio 2010, n. 6417 (depositata il 17 febbraio 2010), con una delle prime pronunce di legittimità riguardanti il delitto di atti persecutori (c.d. “stalking”), ex art. 612-bis c.p.

Nel caso di specie il GIP rigettava l’istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari presentata dall’indagato.

A seguito di appello ex art. 310 c.p.p., il tribunale del riesame confermava il provvedimento di rigetto emesso dal GIP, evidenziando come l’indagato si fosse reso autore non solo di vari reati (minacce, violenza privata e danneggiamento) commessi in epoca compresa fra il 2 gennaio ed il 21 febbraio 2009, ma anche di ulteriori condotte poste in essere nei giorni 25 e 26 febbraio 2009.

In proposito è utile ricordare come la fattispecie di cui all’art. 612-bis c.p. sia entrata in vigore proprio il 25 febbraio 2009, essendo stata introdotta nel nostro ordinamento con il d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio ed entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione. Con la legge n. 38 del 23 aprile 2009, il Parlamento ha poi convertito con modificazioni il d.l. 11/2009. Si osserva, infatti, come uno dei profili problematici, soprattutto nella prima fase di applicazione della norma, riguardi l’irretroattività della nuova fattispecie. Si pensi, come nel caso in esame, all’ipotesi in cui le condotte persecutorie commesse in epoca successiva all’entrata in vigore del decreto legge si vadano ad aggiungere ad altre realizzate precedentemente.

Un altro degli aspetti che caratterizza l’elemento oggettivo del delitto di cui all’art. 612-bis c.p. consiste nella reiterazione delle condotte persecutorie. Le minacce e/o le molestie devono essere reiterate, seriali, devono cioè succedersi nel tempo. La reiterazione è, infatti, elemento costitutivo della fattispecie[1], con la conseguenza che i singoli atti, se posti in essere in un unica occasione, non integrano il delitto di atti persecutori bensì altre fattispecie già conosciute dall’ordinamento (es.: minaccia, molestie, violenza privata), eventualmente unite dal vincolo della continuazione (art. 81 c.p.). La struttura del reato di atti persecutori è quindi disegnata sul modello del reato necessariamente abituale, caratterizzato dalla sussistenza di una serie di fatti commissivi. Il reato si perfeziona allorché si realizzi un minimo di tali condotte collegate da un nesso di abitualità e può formare oggetto anche di continuazione, ex art. 81 cpv. c.p., come nell’ipotesi in cui la reiterazione sia interrotta da un notevole intervallo di tempo tra una serie di episodi e l’altra[2]. Pertanto, se nel periodo considerato si verifica una parentesi di normalità nella condotta del soggetto attivo, un intervallo di tempo fra una serie e l’altra di episodi lesivi del bene giuridico tutelato dalla norma, non viene meno l’esistenza del reato, ma ciò può dar luogo alla continuazione.

In relazione al reato necessariamente abituale la mancata indicazione del numero di episodi necessario per integrare la serie minima può comportare qualche tensione con il principio di determinatezza.

Ciò premesso, si osserva come, nel caso di specie, il difensore dell’indagato abbia proposto ricorso per cassazione basando i motivi proprio sulle due questioni poco sopra richiamate: assumeva, infatti, che gli episodi precedenti l’entrata in vigore della norma incriminatrice non potevano essere presi in alcuna considerazione, con la conseguenza che le due sole condotte del 25 e 26 febbraio 2009 non erano suscettibili di integrare il delitto di atti persecutori, data la natura abituale dello stesso. Sotto diverso profilo, quello dell’adeguatezza della misura, il difensore evidenziava altresì che le esigenze cautelari avrebbero potuto essere soddisfatte con la più lieve misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, introdotta dall’art. 282-ter c.p.p..

La Suprema Corte, osservando come il termine “reiterare” denoti la “ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza”, rigettava il ricorso presentato dal difensore dell’indagato ed enunciava il principio di diritto in base al quale anche due sole condotte di minaccia o di molestia sono idonee a costituire la reiterazione cui l’art. 612-bis c.p. subordina la configurazione della materialità del fatto.

In sede di commento a prima lettura del reato di nuovo conio, all’indomani della sua entrata in vigore ed in attesa delle prime pronunce di legittimità, si era sostenuto[3] che il numero minimo di condotte richieste per l’integrazione della materialità del fatto avrebbe dovuto essere individuato, nell’ambito della discrezionalità del giudice, anche sulla base della capacità della condotta persecutoria di ingenerare gli eventi previsti dalla norma. Peraltro, la stessa giurisprudenza di legittimità, in relazione al delitto di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, di cui all’art. 572 c.p., aveva talvolta portato l’interprete ad interrogarsi sul concetto stesso di reato necessariamente abituale[4]. La Suprema Corte, inoltre, per tracciare la linea di confine fra la configurazione di ripetuti atti lesivi all’interno di un contesto familiare ed il delitto abituale di maltrattamenti in famiglia, anche recentemente[5] aveva posto l’accento sull’elemento psicologico, giungendo ad escludere la sussistenza del requisito della abitualità sulla base del rilievo secondo cui i singoli atti lesivi avevano rappresentato forme espressive di reazioni determinate da tensioni contingenti, anche se non infrequenti, nel contesto familiare in questione. Tali atti, infatti, non erano risultati tra loro connessi e cementati dalla volontà unitaria e persistente dell’agente di sottoporre i soggetti passivi ad ingiuste sofferenze morali o fisiche, sì da rendere abitualmente doloroso il rapporto relazionale.

Nella pronuncia oggetto del presente commento, invece, i giudici di legittimità hanno basato la loro decisione esclusivamente sul significato letterale del termine “reiterare”, evidenziando come lo stesso denoti “la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza”, con la conseguenza che anche due sole condotte sono da ritenere sufficienti a concretare il requisito della reiterazione richiesto dalla norma.

Anche la censura mossa dal difensore in punto di adeguatezza della misura cautelare è stata ritenuta infondata dalla Corte, che ha sottolineato come l’impugnata motivazione del tribunale del riesame, quale giudice dell’appello cautelare, fosse ineccepibile e diffusa, posto che nella stessa risultano evidenziati i numerosi e gravi precedenti penali dell’indagato, che ne rivelano la capacità a delinquere e la tendenza all’uso della violenza.

Sebbene evocata nei motivi di ricorso, con la sentenza n. 6417/2010 la Suprema Corte non ha tuttavia affrontato l’altra delicata questione, quella riguardante il divieto di retroattività della norma incriminatrice.

Trattandosi di reato abituale, infatti, viene da chiedersi se le condotte antecedenti l’entrata in vigore del d.l. 11/2009 possano essere prese in considerazione ed utilizzate per ritenere sussistente il reato all’atto della realizzazione dell’ultima condotta.

In dottrina, l’orientamento prevalente[6] ritiene che nel caso di successione di norma creatrice di una nuova tipologia di illecito abituale potranno essere ricondotte entro la nuova disciplina solo le fattispecie concrete realizzate sotto la sua vigenza, se complete sotto il profilo costitutivo, senza possibilità di cumulo con le condotte anteriori, salvo incorrere, diversamente, nell’applicazione retroattiva della norma creatrice del reato abituale. Ma tale orientamento sembra riferirsi al c.d. reato abituale proprio, laddove la norma di nuova creazione considera reato la reiterazione di condotte che, se isolatamente valutate, possono anche non avere rilevanza penale[7]. Nel caso del delitto di atti persecutori, invece, l’art. 612-bis c.p. considera reato condotte che generalmente costituirebbero, anche se isolatamente valutate, illecito penale (minaccia, molestia, ingiuria, violenza privata, ecc.).

Sul punto, con riguardo a reati abituali, non si registrano specifiche posizioni della giurisprudenza di legittimità e, pertanto, la pronuncia in esame avrebbe potuto costituire una buona occasione. Si può tuttavia osservare che, con riferimento a reati a consumazione prolungata (come, ad esempio, la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ex art. 640-bis c.p.), la Suprema Corte ha valorizzato condotte antecedenti l’entrata in vigore della norma incriminatrice[8]. Ancora, occupandosi del reato previsto dall’art. 9, l. 27 dicembre 1956, n. 1423, consistente nella condotta di colui che venga sorpreso in compagnia di pregiudicati, la Corte di Cassazione[9], sulla premessa che il reato in questione si consuma nel momento in cui cessa la condotta abituale di frequentazione, ha stabilito che la modifica apportata all’art. 9 dalla l. 31 luglio 2005, n. 155 (che ha trasformato la contravvenzione in delitto) è applicabile anche se solo una parte della condotta è stata posta in essere dopo l’entrata in vigore della legge più sfavorevole, in quanto l’art. 2 c. 4 c.p. fa riferimento al tempo in cui è stato commesso il reato e cioè a quello in cui si è consumato[10].

Qualche pronuncia di merito, emessa in sede cautelare (tribunale Pistoia, n. 2651/09 RG GIP, inedita; tribunale Pistoia, n. 607/08 RG DIB, inedita), si è orientata nel qualificare sotto l’art. 612-bis c.p. anche condotte “persecutorie” realizzate sia prima che dopo l’entrata in vigore della stessa, non ravvisando contrasti con il divieto di irretroattività della nuova fattispecie, sostanzialmente sulla base dell’assunto secondo cui essa, in quanto reato abituale, è da ritenersi applicabile anche se solo una parte della condotta sia stata posta in essere dopo l’entrata in vigore della norma meno favorevole.

(Altalex, 4 maggio 2010. Nota di Placido Panarello)

_________________


[1] Cfr. Caringella-De Palma-Farini-Trinci, Manuale di Diritto Penale, Parte Speciale, Roma, 2010, 1027 ss..



[2] In questo senso Cass. pen, sez. VI, 27 aprile 1995, n. 4636, RV 201148.



[3] Panarello, Modifiche al codice penale, in Tovani-Trinci (a cura di), Lo stalking. Il reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e le altre modifiche introdotte dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, Roma, 2009, 50 ss..



[4] Cfr. Cass. pen., sez. VI, 14 dicembre 2006, n. 40789, inedita, che ha utilizzato il dolo come linea di discrimine fra plurimi reati di percosse ed il delitto di maltrattamenti in famiglia, tipico reato necessariamente abituale. Nel caso di specie le condotte violente ed offensive del marito nei confronti della moglie non sono state ricondotte ad un carattere di abitualità né collegate a un dolo unitario di vessazione. Più precisamente, si è ritenuto che siffatte condotte fossero espressione di una reattività estemporanea che affondava le sue radici nel clima di dissidio tra i coniugi, derivante sia dalla diversa religione praticata dalla moglie sia, soprattutto, dalla relazione adulterina intrattenuta dal marito, che tuttavia la congiunta era disposta a subire, non sollecitando la separazione. Nel caso di specie, dunque, non è stata ravvisata la sussistenza del reato abituale.



[5] Cfr. Cass. pen., sez. VI, 13 febbraio 2009, n. 6490, in Strumentario Avvocati – Rivista Diritto e Procedura Penale, 5/2009, p. 63 con nota di Gullì.



[6] Mantovani, Diritto penale – parte generale, Padova, 2007, pp. 119 ss..



[7] È noto, infatti, che ove i singoli atti del reato abituale, di per sé, non costituiscano reato, si avrà il reato abituale proprio; ove, invece, i singoli atti, di per sé, costituirebbero autonome figure di reato, si ha il reato abituale improprio.



[8] Cfr. Cass. pen., sez. II, 6 luglio 2007, n. 26256, RV 237299, la quale, avendo individuato il momento consumativo del delitto di cui all’art. 640-bis c.p. con quello della cessazione dei pagamenti, che segna anche la fine dell’aggravamento del danno, in ragione della natura di reato a consumazione prolungata, ha escluso l’illegittimità del sequestro per equivalente finalizzato alla confisca che era stato disposto nonostante che il contratto di mutuo allo scopo fosse precedente all’entrata in vigore della l. 29 settembre 2000, n. 300, che ha inserito nel codice penale l’art. 640-quater.



[9] Cass. pen., sez. I, 14 giugno 2006, n. 20334, Rv. 234284.



[10] Per un approfondimento, si consenta di rinviare a Panarello, Modifiche al codice penale, cit., pp. 47 ss..



| atti persecutori | stalking | Placido Panarello |


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE V PENALE

Sentenza 21 gennaio - 17 febbraio 2010, n. 6417



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE PENALE



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RENATO LUIGI CALABRESE - Presidente

Dott. ANDREA COLONNESE - Consigliere

Dott. GIULIANA FERRUA - Consigliere

Dott. ALFONSO AMATO - Rel. Consigliere

Dott. PAOLO OLDI - Consigliere



Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

1) O. P.


avverso l’ordinanza n. 741/2009 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del 23/04/2009


sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATO;

sentite le conclusioni del PG Dott. C. Di Casola: rigetto;


Motivi della decisione


Il gip del tribunale di Ravenna rigettava l’istanza di revoca o di sostituzione della misura della custodia domiciliare, avanzata da O. P., indagato per il delitto di cui all’art. 612 bis c.p.

Il tribunale di Bologna ex art. 310 c.p.p. confermava, osservando che l’ O.P. si era reso autore di minacce, violenza privata e danneggiamento nel periodo dal 2 gennaio ’09 al 21 febbraio ’09 e che ulteriori condotte aveva posto in essere nei giorni 25 e 26 febbraio ’09.

- Ricorre il difensore, assumendo che gli episodi precedenti l’entrata in vigore della norma incriminatrice in questione non possono essere oggetto di considerazione alcuna; che due sole condotte, quali quelle contestate nella specie, non sono suscettibili di integrare l’illecito gravato, qualificato da condotta plurima.

- In punto di adeguatezza si evidenzia che le esigenze cautelari potrebbero essere soddisfatte con la misura cautelare introdotta dall’art. 282 ter c.p.p. (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla p.o.).

- Le censure sono prive di fondamento.

Le condotte di minaccia o molestia devono essere “reiterate”, sì da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima ovvero un fondato timore per la propria incolumità o per quella di persone vicine o, infine, costringere la p.l. a modificare le sue abitudini di vita.

Il termine “reiterare” denota la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza.

Se ne deve evincere, dunque, che anche due condotte sono sufficienti a concretare quella reiterazione cui la norma subordina la configurazione della materialità del fatto.

Del resto, l’assunto difensivo è smentito dal provvedimento impugnato, atteso che l’indagato, nel corso del 25 e del 26 febbraio ’09, “è giunto tre volte dinanzi al bar gestito dal C., senza altro vero scopo, se non quello di indirizzare verso di lui sguardi eloquenti, gesti minacciosi e di tenere atteggiamenti di sfida”.

- Ineccepibile e diffusa appare la motivazione in punto di adeguatezza della misura cautelare adottata, posto che il tribunale evidenzia i numerosi e gravi precedenti penali dell’indagato, che ne rivelano la capacità a delinquere e la proclività all’uso della violenza.

- Il ricorso va rigettato, con la condanna del ricorrente alle spese del procedimento.

P.T.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma il 21.1.2010.


Il Presidente

Il cons. est.



Depositata in cancelleria

Roma, lì 17 febbraio 2010
 
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alebattista
view post Posted on 15/12/2010, 12:33




mi dite per favore qual'è la sentenza a cui fare riferimento?
Grazie
 
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]M3D[
view post Posted on 15/12/2010, 12:33




TRACCIA SVOLTA ...


....In proposito è utile ricordare come la fattispecie di cui all'art. 612-bis c.p. sia entrata in vigore proprio il 25 febbraio 2009, essendo stata introdotta nel nostro ordinamento con il d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio ed entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione. Con la legge n. 38 del 23 aprile 2009, il Parlamento ha poi convertito con modificazioni il d.l. 11/2009. Si osserva, infatti, come uno dei profili problematici, soprattutto nella prima fase di applicazione della norma, riguardi l'irretroattività della nuova fattispecie. Si pensi, come nel caso in esame, all'ipotesi in cui le condotte persecutorie commesse in epoca successiva all'entrata in vigore del decreto legge si vadano ad aggiungere ad altre realizzate precedentemente.

....Sebbene evocata nei motivi di ricorso, con la sentenza n. 6417/2010 la Suprema Corte non ha tuttavia affrontato l'altra delicata questione, quella riguardante il divieto di retroattività della norma incriminatrice.

Trattandosi di reato abituale, infatti, viene da chiedersi se le condotte antecedenti l'entrata in vigore del d.l. 11/2009 possano essere prese in considerazione ed utilizzate per ritenere sussistente il reato all'atto della realizzazione dell'ultima condotta.

In dottrina, l'orientamento prevalente[6] ritiene che nel caso di successione di norma creatrice di una nuova tipologia di illecito abituale potranno essere ricondotte entro la nuova disciplina solo le fattispecie concrete realizzate sotto la sua vigenza, se complete sotto il profilo costitutivo, senza possibilità di cumulo con le condotte anteriori, salvo incorrere, diversamente, nell'applicazione retroattiva della norma creatrice del reato abituale. Ma tale orientamento sembra riferirsi al c.d. reato abituale proprio, laddove la norma di nuova creazione considera reato la reiterazione di condotte che, se isolatamente valutate, possono anche non avere rilevanza penale[7]. Nel caso del delitto di atti persecutori, invece, l'art. 612-bis c.p. considera reato condotte che generalmente costituirebbero, anche se isolatamente valutate, illecito penale (minaccia, molestia, ingiuria, violenza privata, ecc.).

Sul punto, con riguardo a reati abituali, non si registrano specifiche posizioni della giurisprudenza di legittimità e, pertanto, la pronuncia in esame avrebbe potuto costituire una buona occasione. Si può tuttavia osservare che, con riferimento a reati a consumazione prolungata (come, ad esempio, la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ex art. 640-bis c.p.), la Suprema Corte ha valorizzato condotte antecedenti l'entrata in vigore della norma incriminatrice[8]. Ancora, occupandosi del reato previsto dall'art. 9, l. 27 dicembre 1956, n. 1423, consistente nella condotta di colui che venga sorpreso in compagnia di pregiudicati, la Corte di Cassazione[9], sulla premessa che il reato in questione si consuma nel momento in cui cessa la condotta abituale di frequentazione, ha stabilito che la modifica apportata all'art. 9 dalla l. 31 luglio 2005, n. 155 (che ha trasformato la contravvenzione in delitto) è applicabile anche se solo una parte della condotta è stata posta in essere dopo l'entrata in vigore della legge più sfavorevole, in quanto l'art. 2 c. 4 c.p. fa riferimento al tempo in cui è stato commesso il reato e cioè a quello in cui si è consumato[10].
 
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]M3D[
view post Posted on 15/12/2010, 12:35




tratto da ALTALEX
[URL]http://www.altalex.com/index.php?idnot=10792[/URL]
 
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robbycb
view post Posted on 15/12/2010, 12:40





“STALKING ovvero ATTI PERSECUTORI” (parte 1 di 5)

di Avv. Castiglia

Archiviato nella categoria: Leggi e Regole

Tags: minaccia, molestie, penale, Stalking

“STALKING ovvero ATTI PERSECUTORI”

Parte 1 di 5, a cura dell’Avv. Tiziano Castiglia

L’art.612 bis del codice penale, rubricato “atti persecutori” – più comunemente noto con il termine “Stalking” – è stato introdotto dall’art.7 del decreto legge n.11 del 23 febbraio 2009 (convertito nella legge n.38 del 23 aprile 2009) recante “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”, sull’onda della necessità ed urgenza di introdurre misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale.

CARATTERI GENERALI. Il termine stalking deriva originariamente dal linguaggio tecnico venatorio ed in italiano si può tradurre con la locuzione “fare la posta, braccare”. L’accezione si è ormai sempre più estesa verso il senso figurato e familiare del termine, intendendo il verbo to stalk come assillare, inseguire, molestare, braccare, ricercare, ma anche in senso più lato perseguitare, fare qualcosa di nascosto.

COSA PREVEDE LA NORMA PENALE.

Art. 612-bis codice penale (Atti persecutori)

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

OGGETTO GIURIDICO. Il reato cd. di “Stalking” viene collocato nell’ambito dei “delitti contro la persona”, in particolare la fattispecie è posta a tutela della “libertà morale”, riconducibile al concetto di autodeterminazione, cioè di libertà in assenza di limiti e condizioni ad eccezione di quelli giuridici ed anche a tutela dell’incolumità individuale, quantomeno nel momento in cui le minacce o le molestie provochino un “perdurante e grave stato di ansia o di paura” che, ove venga inteso quale patologia clinicamente accertabile, comporta la lesione del bene salute.
 
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santa inquisizione
view post Posted on 15/12/2010, 12:43




RICORDANDOCI SEMPRE CHE IL NOSTRO ASSISTITO è TIZIO....PREME FARE UNA RICHIESTA A CHI è PIU AGGIORNATO DI ME...SO CHE C'è UNA SENTENZA DELLA CASSAZIONE DI INIZIO 2010 CHE CASCA A FAGIOLO PER NOI....MA NON RICORDO QUALE SIA E NON RIESCO ATROVARLA...AIUTATEMI AD AIUTARVI!
 
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scirocco86
view post Posted on 15/12/2010, 12:46




SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE V PENALE

Sentenza 21 gennaio - 17 febbraio 2010, n. 6417



Integrano il delitto di atti persecutori, di cui all’art. 612-bis c.p., anche due sole condotte di minaccia o di molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice.

Cosi hanno affermato i giudici della Suprema Corte con la sentenza 21 gennaio 2010, n. 6417 (depositata il 17 febbraio 2010), con una delle prime pronunce di legittimità riguardanti il delitto di atti persecutori (c.d. “stalking”), ex art. 612-bis c.p.

Nel caso di specie il GIP rigettava l’istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari presentata dall’indagato.

A seguito di appello ex art. 310 c.p.p., il tribunale del riesame confermava il provvedimento di rigetto emesso dal GIP, evidenziando come l’indagato si fosse reso autore non solo di vari reati (minacce, violenza privata e danneggiamento) commessi in epoca compresa fra il 2 gennaio ed il 21 febbraio 2009, ma anche di ulteriori condotte poste in essere nei giorni 25 e 26 febbraio 2009.

In proposito è utile ricordare come la fattispecie di cui all’art. 612-bis c.p. sia entrata in vigore proprio il 25 febbraio 2009, essendo stata introdotta nel nostro ordinamento con il d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio ed entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione. Con la legge n. 38 del 23 aprile 2009, il Parlamento ha poi convertito con modificazioni il d.l. 11/2009. Si osserva, infatti, come uno dei profili problematici, soprattutto nella prima fase di applicazione della norma, riguardi l’irretroattività della nuova fattispecie. Si pensi, come nel caso in esame, all’ipotesi in cui le condotte persecutorie commesse in epoca successiva all’entrata in vigore del decreto legge si vadano ad aggiungere ad altre realizzate precedentemente.

Un altro degli aspetti che caratterizza l’elemento oggettivo del delitto di cui all’art. 612-bis c.p. consiste nella reiterazione delle condotte persecutorie. Le minacce e/o le molestie devono essere reiterate, seriali, devono cioè succedersi nel tempo. La reiterazione è, infatti, elemento costitutivo della fattispecie[1], con la conseguenza che i singoli atti, se posti in essere in un unica occasione, non integrano il delitto di atti persecutori bensì altre fattispecie già conosciute dall’ordinamento (es.: minaccia, molestie, violenza privata), eventualmente unite dal vincolo della continuazione (art. 81 c.p.). La struttura del reato di atti persecutori è quindi disegnata sul modello del reato necessariamente abituale, caratterizzato dalla sussistenza di una serie di fatti commissivi. Il reato si perfeziona allorché si realizzi un minimo di tali condotte collegate da un nesso di abitualità e può formare oggetto anche di continuazione, ex art. 81 cpv. c.p., come nell’ipotesi in cui la reiterazione sia interrotta da un notevole intervallo di tempo tra una serie di episodi e l’altra[2]. Pertanto, se nel periodo considerato si verifica una parentesi di normalità nella condotta del soggetto attivo, un intervallo di tempo fra una serie e l’altra di episodi lesivi del bene giuridico tutelato dalla norma, non viene meno l’esistenza del reato, ma ciò può dar luogo alla continuazione.

In relazione al reato necessariamente abituale la mancata indicazione del numero di episodi necessario per integrare la serie minima può comportare qualche tensione con il principio di determinatezza.

Ciò premesso, si osserva come, nel caso di specie, il difensore dell’indagato abbia proposto ricorso per cassazione basando i motivi proprio sulle due questioni poco sopra richiamate: assumeva, infatti, che gli episodi precedenti l’entrata in vigore della norma incriminatrice non potevano essere presi in alcuna considerazione, con la conseguenza che le due sole condotte del 25 e 26 febbraio 2009 non erano suscettibili di integrare il delitto di atti persecutori, data la natura abituale dello stesso. Sotto diverso profilo, quello dell’adeguatezza della misura, il difensore evidenziava altresì che le esigenze cautelari avrebbero potuto essere soddisfatte con la più lieve misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, introdotta dall’art. 282-ter c.p.p..

La Suprema Corte, osservando come il termine “reiterare” denoti la “ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza”, rigettava il ricorso presentato dal difensore dell’indagato ed enunciava il principio di diritto in base al quale anche due sole condotte di minaccia o di molestia sono idonee a costituire la reiterazione cui l’art. 612-bis c.p. subordina la configurazione della materialità del fatto.

In sede di commento a prima lettura del reato di nuovo conio, all’indomani della sua entrata in vigore ed in attesa delle prime pronunce di legittimità, si era sostenuto[3] che il numero minimo di condotte richieste per l’integrazione della materialità del fatto avrebbe dovuto essere individuato, nell’ambito della discrezionalità del giudice, anche sulla base della capacità della condotta persecutoria di ingenerare gli eventi previsti dalla norma. Peraltro, la stessa giurisprudenza di legittimità, in relazione al delitto di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, di cui all’art. 572 c.p., aveva talvolta portato l’interprete ad interrogarsi sul concetto stesso di reato necessariamente abituale[4]. La Suprema Corte, inoltre, per tracciare la linea di confine fra la configurazione di ripetuti atti lesivi all’interno di un contesto familiare ed il delitto abituale di maltrattamenti in famiglia, anche recentemente[5] aveva posto l’accento sull’elemento psicologico, giungendo ad escludere la sussistenza del requisito della abitualità sulla base del rilievo secondo cui i singoli atti lesivi avevano rappresentato forme espressive di reazioni determinate da tensioni contingenti, anche se non infrequenti, nel contesto familiare in questione. Tali atti, infatti, non erano risultati tra loro connessi e cementati dalla volontà unitaria e persistente dell’agente di sottoporre i soggetti passivi ad ingiuste sofferenze morali o fisiche, sì da rendere abitualmente doloroso il rapporto relazionale.

Nella pronuncia oggetto del presente commento, invece, i giudici di legittimità hanno basato la loro decisione esclusivamente sul significato letterale del termine “reiterare”, evidenziando come lo stesso denoti “la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza”, con la conseguenza che anche due sole condotte sono da ritenere sufficienti a concretare il requisito della reiterazione richiesto dalla norma.

Anche la censura mossa dal difensore in punto di adeguatezza della misura cautelare è stata ritenuta infondata dalla Corte, che ha sottolineato come l’impugnata motivazione del tribunale del riesame, quale giudice dell’appello cautelare, fosse ineccepibile e diffusa, posto che nella stessa risultano evidenziati i numerosi e gravi precedenti penali dell’indagato, che ne rivelano la capacità a delinquere e la tendenza all’uso della violenza.

Sebbene evocata nei motivi di ricorso, con la sentenza n. 6417/2010 la Suprema Corte non ha tuttavia affrontato l’altra delicata questione, quella riguardante il divieto di retroattività della norma incriminatrice.

Trattandosi di reato abituale, infatti, viene da chiedersi se le condotte antecedenti l’entrata in vigore del d.l. 11/2009 possano essere prese in considerazione ed utilizzate per ritenere sussistente il reato all’atto della realizzazione dell’ultima condotta.

In dottrina, l’orientamento prevalente[6] ritiene che nel caso di successione di norma creatrice di una nuova tipologia di illecito abituale potranno essere ricondotte entro la nuova disciplina solo le fattispecie concrete realizzate sotto la sua vigenza, se complete sotto il profilo costitutivo, senza possibilità di cumulo con le condotte anteriori, salvo incorrere, diversamente, nell’applicazione retroattiva della norma creatrice del reato abituale. Ma tale orientamento sembra riferirsi al c.d. reato abituale proprio, laddove la norma di nuova creazione considera reato la reiterazione di condotte che, se isolatamente valutate, possono anche non avere rilevanza penale[7]. Nel caso del delitto di atti persecutori, invece, l’art. 612-bis c.p. considera reato condotte che generalmente costituirebbero, anche se isolatamente valutate, illecito penale (minaccia, molestia, ingiuria, violenza privata, ecc.).

Sul punto, con riguardo a reati abituali, non si registrano specifiche posizioni della giurisprudenza di legittimità e, pertanto, la pronuncia in esame avrebbe potuto costituire una buona occasione. Si può tuttavia osservare che, con riferimento a reati a consumazione prolungata (come, ad esempio, la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ex art. 640-bis c.p.), la Suprema Corte ha valorizzato condotte antecedenti l’entrata in vigore della norma incriminatrice[8]. Ancora, occupandosi del reato previsto dall’art. 9, l. 27 dicembre 1956, n. 1423, consistente nella condotta di colui che venga sorpreso in compagnia di pregiudicati, la Corte di Cassazione[9], sulla premessa che il reato in questione si consuma nel momento in cui cessa la condotta abituale di frequentazione, ha stabilito che la modifica apportata all’art. 9 dalla l. 31 luglio 2005, n. 155 (che ha trasformato la contravvenzione in delitto) è applicabile anche se solo una parte della condotta è stata posta in essere dopo l’entrata in vigore della legge più sfavorevole, in quanto l’art. 2 c. 4 c.p. fa riferimento al tempo in cui è stato commesso il reato e cioè a quello in cui si è consumato[10].

Qualche pronuncia di merito, emessa in sede cautelare (tribunale Pistoia, n. 2651/09 RG GIP, inedita; tribunale Pistoia, n. 607/08 RG DIB, inedita), si è orientata nel qualificare sotto l’art. 612-bis c.p. anche condotte “persecutorie” realizzate sia prima che dopo l’entrata in vigore della stessa, non ravvisando contrasti con il divieto di irretroattività della nuova fattispecie, sostanzialmente sulla base dell’assunto secondo cui essa, in quanto reato abituale, è da ritenersi applicabile anche se solo una parte della condotta sia stata posta in essere dopo l’entrata in vigore della norma meno favorevole.

(Altalex, 4 maggio 2010. Nota di Placido Panarello)

_________________


[1] Cfr. Caringella-De Palma-Farini-Trinci, Manuale di Diritto Penale, Parte Speciale, Roma, 2010, 1027 ss..



[2] In questo senso Cass. pen, sez. VI, 27 aprile 1995, n. 4636, RV 201148.



[3] Panarello, Modifiche al codice penale, in Tovani-Trinci (a cura di), Lo stalking. Il reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e le altre modifiche introdotte dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, Roma, 2009, 50 ss..



[4] Cfr. Cass. pen., sez. VI, 14 dicembre 2006, n. 40789, inedita, che ha utilizzato il dolo come linea di discrimine fra plurimi reati di percosse ed il delitto di maltrattamenti in famiglia, tipico reato necessariamente abituale. Nel caso di specie le condotte violente ed offensive del marito nei confronti della moglie non sono state ricondotte ad un carattere di abitualità né collegate a un dolo unitario di vessazione. Più precisamente, si è ritenuto che siffatte condotte fossero espressione di una reattività estemporanea che affondava le sue radici nel clima di dissidio tra i coniugi, derivante sia dalla diversa religione praticata dalla moglie sia, soprattutto, dalla relazione adulterina intrattenuta dal marito, che tuttavia la congiunta era disposta a subire, non sollecitando la separazione. Nel caso di specie, dunque, non è stata ravvisata la sussistenza del reato abituale.



[5] Cfr. Cass. pen., sez. VI, 13 febbraio 2009, n. 6490, in Strumentario Avvocati – Rivista Diritto e Procedura Penale, 5/2009, p. 63 con nota di Gullì.



[6] Mantovani, Diritto penale – parte generale, Padova, 2007, pp. 119 ss..



[7] È noto, infatti, che ove i singoli atti del reato abituale, di per sé, non costituiscano reato, si avrà il reato abituale proprio; ove, invece, i singoli atti, di per sé, costituirebbero autonome figure di reato, si ha il reato abituale improprio.



[8] Cfr. Cass. pen., sez. II, 6 luglio 2007, n. 26256, RV 237299, la quale, avendo individuato il momento consumativo del delitto di cui all’art. 640-bis c.p. con quello della cessazione dei pagamenti, che segna anche la fine dell’aggravamento del danno, in ragione della natura di reato a consumazione prolungata, ha escluso l’illegittimità del sequestro per equivalente finalizzato alla confisca che era stato disposto nonostante che il contratto di mutuo allo scopo fosse precedente all’entrata in vigore della l. 29 settembre 2000, n. 300, che ha inserito nel codice penale l’art. 640-quater.



[9] Cass. pen., sez. I, 14 giugno 2006, n. 20334, Rv. 234284.



[10] Per un approfondimento, si consenta di rinviare a Panarello, Modifiche al codice penale, cit., pp. 47 ss..



| atti persecutori | stalking | Placido Panarello |


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE V PENALE

Sentenza 21 gennaio - 17 febbraio 2010, n. 6417



REPUBBLICA ITALIANA



La Corte di Cassazione n°11945/2010 analizzando un caso analogo alla fattispecie in esame ha valutato reiterato nel tempo le illecite condotte a danno di TIZIA.

 
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RASCIS
view post Posted on 15/12/2010, 12:49




HO TROVATO QUESTA
Stalking: quanti episodi sono necessari per integrare la reiterazione?
Cassazione penale , sez. V, sentenza 17.02.2010 n° 6417
Integrano il delitto di atti persecutori, di cui all’art. 612-bis c.p., anche due sole condotte di minaccia o di
molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice.
Cosi hanno affermato i giudici della Suprema Corte con la sentenza 21 gennaio 2010, n. 6417
(depositata il 17 febbraio 2010), con una delle prime pronunce di legittimità riguardanti il delitto di atti
persecutori (c.d. “stalking”), ex art. 612-bis c.p.
Nel caso di specie il GIP rigettava l’istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare degli
arresti domiciliari presentata dall’indagato.
A seguito di appello ex art. 310 c.p.p., il tribunale del riesame confermava il provvedimento di rigetto
emesso dal GIP, evidenziando come l’indagato si fosse reso autore non solo di vari reati (minacce,
violenza privata e danneggiamento) commessi in epoca compresa fra il 2 gennaio ed il 21 febbraio
2009, ma anche di ulteriori condotte poste in essere nei giorni 25 e 26 febbraio 2009.
In proposito è utile ricordare come la fattispecie di cui all’art. 612-bis c.p. sia entrata in vigore proprio
il 25 febbraio 2009, essendo stata introdotta nel nostro ordinamento con il d.l. 23 febbraio 2009, n. 11,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio ed entrato in vigore il giorno successivo alla
pubblicazione. Con la legge n. 38 del 23 aprile 2009, il Parlamento ha poi convertito con modificazioni
il d.l. 11/2009. Si osserva, infatti, come uno dei profili problematici, soprattutto nella prima fase di
applicazione della norma, riguardi l’irretroattività della nuova fattispecie. Si pensi, come nel caso in
esame, all’ipotesi in cui le condotte persecutorie commesse in epoca successiva all’entrata in vigore del
decreto legge si vadano ad aggiungere ad altre realizzate precedentemente.
Un altro degli aspetti che caratterizza l’elemento oggettivo del delitto di cui all’art. 612-bis c.p. consiste
nella reiterazione delle condotte persecutorie. Le minacce e/o le molestie devono essere reiterate,
seriali, devono cioè succedersi nel tempo. La reiterazione è, infatti, elemento costitutivo della
fattispecie[1], con la conseguenza che i singoli atti, se posti in essere in un unica occasione, non
integrano il delitto di atti persecutori bensì altre fattispecie già conosciute dall’ordinamento (es.:
minaccia, molestie, violenza privata), eventualmente unite dal vincolo della continuazione (art. 81 c.p.).
La struttura del reato di atti persecutori è quindi disegnata sul modello del reato necessariamente
abituale, caratterizzato dalla sussistenza di una serie di fatti commissivi. Il reato si perfeziona allorché
si realizzi un minimo di tali condotte collegate da un nesso di abitualità e può formare oggetto anche di continuazione, ex art. 81 cpv. c.p., come nell’ipotesi in cui la reiterazione sia interrotta da un notevole
intervallo di tempo tra una serie di episodi e l’altra[2]. Pertanto, se nel periodo considerato si verifica
una parentesi di normalità nella condotta del soggetto attivo, un intervallo di tempo fra una serie e
l’altra di episodi lesivi del bene giuridico tutelato dalla norma, non viene meno l’esistenza del reato, ma
ciò può dar luogo alla continuazione.
In relazione al reato necessariamente abituale la mancata indicazione del numero di episodi necessario
per integrare la serie minima può comportare qualche tensione con il principio di determinatezza.
Ciò premesso, si osserva come, nel caso di specie, il difensore dell’indagato abbia proposto ricorso per
cassazione basando i motivi proprio sulle due questioni poco sopra richiamate: assumeva, infatti, che
gli episodi precedenti l’entrata in vigore della norma incriminatrice non potevano essere presi in alcuna
considerazione, con la conseguenza che le due sole condotte del 25 e 26 febbraio 2009 non erano
suscettibili di integrare il delitto di atti persecutori, data la natura abituale dello stesso. Sotto diverso
profilo, quello dell’adeguatezza della misura, il difensore evidenziava altresì che le esigenze cautelari
avrebbero potuto essere soddisfatte con la più lieve misura del divieto di avvicinamento ai luoghi
frequentati dalla persona offesa, introdotta dall’art. 282-ter c.p.p..
La Suprema Corte, osservando come il termine “reiterare” denoti la “ripetizione di una condotta una
seconda volta ovvero più volte con insistenza”, rigettava il ricorso presentato dal difensore
dell’indagato ed enunciava il principio di diritto in base al quale anche due sole condotte di minaccia o
di molestia sono idonee a costituire la reiterazione cui l’art. 612-bis c.p. subordina la configurazione
della materialità del fatto.
In sede di commento a prima lettura del reato di nuovo conio, all’indomani della sua entrata in vigore
ed in attesa delle prime pronunce di legittimità, si era sostenuto[3] che il numero minimo di condotte
richieste per l’integrazione della materialità del fatto avrebbe dovuto essere individuato, nell’ambito
della discrezionalità del giudice, anche sulla base della capacità della condotta persecutoria di
ingenerare gli eventi previsti dalla norma. Peraltro, la stessa giurisprudenza di legittimità, in relazione
al delitto di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, di cui all’art. 572 c.p., aveva talvolta portato
l’interprete ad interrogarsi sul concetto stesso di reato necessariamente abituale[4]. La Suprema Corte,
inoltre, per tracciare la linea di confine fra la configurazione di ripetuti atti lesivi all’interno di un
contesto familiare ed il delitto abituale di maltrattamenti in famiglia, anche recentemente[5] aveva posto
l’accento sull’elemento psicologico, giungendo ad escludere la sussistenza del requisito della abitualità
sulla base del rilievo secondo cui i singoli atti lesivi avevano rappresentato forme espressive di reazioni
determinate da tensioni contingenti, anche se non infrequenti, nel contesto familiare in questione. Tali
atti, infatti, non erano risultati tra loro connessi e cementati dalla volontà unitaria e persistente
dell’agente di sottoporre i soggetti passivi ad ingiuste sofferenze morali o fisiche, sì da rendere
abitualmente doloroso il rapporto relazionale.
Nella pronuncia oggetto del presente commento, invece, i giudici di legittimità hanno basato la loro
decisione esclusivamente sul significato letterale del termine “reiterare”, evidenziando come lo stesso
denoti “la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza”, con la
conseguenza che anche due sole condotte sono da ritenere sufficienti a concretare il requisito della
reiterazione richiesto dalla norma.
Anche la censura mossa dal difensore in punto di adeguatezza della misura cautelare è stata ritenuta
infondata dalla Corte, che ha sottolineato come l’impugnata motivazione del tribunale del riesame,
quale giudice dell’appello cautelare, fosse ineccepibile e diffusa, posto che nella stessa risultano evidenziati i numerosi e gravi precedenti penali dell’indagato, che ne rivelano la capacità a delinquere e
la tendenza all’uso della violenza.
Sebbene evocata nei motivi di ricorso, con la sentenza n. 6417/2010 la Suprema Corte non ha tuttavia
affrontato l’altra delicata questione, quella riguardante il divieto di retroattività della norma
incriminatrice.
Trattandosi di reato abituale, infatti, viene da chiedersi se le condotte antecedenti l’entrata in vigore del
d.l. 11/2009 possano essere prese in considerazione ed utilizzate per ritenere sussistente il reato all’atto
della realizzazione dell’ultima condotta.
In dottrina, l’orientamento prevalente[6] ritiene che nel caso di successione di norma creatrice di una
nuova tipologia di illecito abituale potranno essere ricondotte entro la nuova disciplina solo le
fattispecie concrete realizzate sotto la sua vigenza, se complete sotto il profilo costitutivo, senza
possibilità di cumulo con le condotte anteriori, salvo incorrere, diversamente, nell’applicazione
retroattiva della norma creatrice del reato abituale. Ma tale orientamento sembra riferirsi al c.d. reato
abituale proprio, laddove la norma di nuova creazione considera reato la reiterazione di condotte che, se
isolatamente valutate, possono anche non avere rilevanza penale[7]. Nel caso del delitto di atti
persecutori, invece, l’art. 612-bis c.p. considera reato condotte che generalmente costituirebbero, anche
se isolatamente valutate, illecito penale (minaccia, molestia, ingiuria, violenza privata, ecc.).
Sul punto, con riguardo a reati abituali, non si registrano specifiche posizioni della giurisprudenza di
legittimità e, pertanto, la pronuncia in esame avrebbe potuto costituire una buona occasione. Si può
tuttavia osservare che, con riferimento a reati a consumazione prolungata (come, ad esempio, la truffa
aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ex art. 640-bis c.p.), la Suprema Corte ha
valorizzato condotte antecedenti l’entrata in vigore della norma incriminatrice[8]. Ancora, occupandosi
del reato previsto dall’art. 9, l. 27 dicembre 1956, n. 1423, consistente nella condotta di colui che venga
sorpreso in compagnia di pregiudicati, la Corte di Cassazione[9], sulla premessa che il reato in questione
si consuma nel momento in cui cessa la condotta abituale di frequentazione, ha stabilito che la modifica
apportata all’art. 9 dalla l. 31 luglio 2005, n. 155 (che ha trasformato la contravvenzione in delitto) è
applicabile anche se solo una parte della condotta è stata posta in essere dopo l’entrata in vigore della
legge più sfavorevole, in quanto l’art. 2 c. 4 c.p. fa riferimento al tempo in cui è stato commesso il reato
e cioè a quello in cui si è consumato[10].
Qualche pronuncia di merito, emessa in sede cautelare (tribunale Pistoia, n. 2651/09 RG GIP, inedita;
tribunale Pistoia, n. 607/08 RG DIB, inedita), si è orientata nel qualificare sotto l’art. 612-bis c.p. anche
condotte “persecutorie” realizzate sia prima che dopo l’entrata in vigore della stessa, non ravvisando
contrasti con il divieto di irretroattività della nuova fattispecie, sostanzialmente sulla base dell’assunto
secondo cui essa, in quanto reato abituale, è da ritenersi applicabile anche se solo una parte della
condotta sia stata posta in essere dopo l’entrata in vigore della norma meno favorevole

[1] Cfr. Caringella-De Palma-Farini-Trinci, Manuale di Diritto Penale, Parte Speciale, Roma, 2010, 1027 ss..
[2] In questo senso Cass. pen, sez. VI, 27 aprile 1995, n. 4636, RV 201148.
[3] Panarello, Modifiche al codice penale, in Tovani-Trinci (a cura di), Lo stalking. Il reato di atti persecutori
(art. 612-bis c.p.) e le altre modifiche introdotte dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, Roma, 2009, 50 ss..
[4] Cfr. Cass. pen., sez. VI, 14 dicembre 2006, n. 40789, inedita, che ha utilizzato il dolo come linea di
discrimine fra plurimi reati di percosse ed il delitto di maltrattamenti in famiglia, tipico reato necessariamente
abituale. Nel caso di specie le condotte violente ed offensive del marito nei confronti della moglie non sono state
ricondotte ad un carattere di abitualità né collegate a un dolo unitario di vessazione. Più precisamente, si è
ritenuto che siffatte condotte fossero espressione di una reattività estemporanea che affondava le sue radici nel
clima di dissidio tra i coniugi, derivante sia dalla diversa religione praticata dalla moglie sia, soprattutto, dalla
relazione adulterina intrattenuta dal marito, che tuttavia la congiunta era disposta a subire, non sollecitando la
separazione. Nel caso di specie, dunque, non è stata ravvisata la sussistenza del reato abituale.
[5] Cfr. Cass. pen., sez. VI, 13 febbraio 2009, n. 6490, in Strumentario Avvocati – Rivista Diritto e Procedura
Penale, 5/2009, p. 63 con nota di Gullì.
[6] Mantovani, Diritto penale – parte generale, Padova, 2007, pp. 119 ss..
[7] È noto, infatti, che ove i singoli atti del reato abituale, di per sé, non costituiscano reato, si avrà il reato
abituale proprio; ove, invece, i singoli atti, di per sé, costituirebbero autonome figure di reato, si ha il reato
abituale improprio.
[8] Cfr. Cass. pen., sez. II, 6 luglio 2007, n. 26256, RV 237299, la quale, avendo individuato il momento
consumativo del delitto di cui all’art. 640-bis c.p. con quello della cessazione dei pagamenti, che segna anche la
fine dell’aggravamento del danno, in ragione della natura di reato a consumazione prolungata, ha escluso
l’illegittimità del sequestro per equivalente finalizzato alla confisca che era stato disposto nonostante che il
contratto di mutuo allo scopo fosse precedente all’entrata in vigore della l. 29 settembre 2000, n. 300, che ha
inserito nel codice penale l’art. 640-quater.
[9] Cass. pen., sez. I, 14 giugno 2006, n. 20334, Rv. 234284.
[10] Per un approfondimento, si consenta di rinviare a Panarello, Modifiche al codice penale, cit., pp. 47 ss..
 
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handhy73
view post Posted on 15/12/2010, 12:53




suggerimenti dall'interno...la sentenza della cassazione penale 6417 del 2010 fondamentale..per i reati precedentiall'entrata in vigore del d.l. rientrano nello stalking ma hanno una gradazione di pena diversa rispetto ai reati commessi dopo l'uscita del d.l. e fare riferimento anche al 610c.p.p. per definire i reati prima dello stalking

applicazione del favor rei perchè difendiamo tizio
 
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sciupafemmine80
view post Posted on 15/12/2010, 13:10




Non bisogna dare una soluzione univoca


Con riferimento al periodo 2008 si parla di minacce e lesioni, se dal febbraio 2009 si sono verificati atti analoghi allora si parla anke di stalking!!!!confermate???

IMPORTANTE:
Corte di cassazione penale
sentenza 4964/10 del 08/02/2010
________________________________________
Nel caso di successione di leggi penali più severe, qualora la permanenza si protragga sotto il vigore della nuova legge, è questa soltanto che deve trovare applicazione.
CASSAZIONE PENALE, SEZIONE I, (ud. 21-01-2010) 08-02-2010, n. 4964

 
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lucaantonio734
view post Posted on 15/12/2010, 13:11




CHE NE DITE
 
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214 replies since 14/12/2010, 19:17   46099 views
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