esame avvocato 2010

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tadd456
view post Posted on 15/12/2010, 11:37 by: tadd456




Corte Cassazione Penale, sezione quinta - Sentenza n. 34015/2010 Corte di Cassazione Penale, sezione quinta - Sentenza n. 34015 del 21/09/2010
Stalking - Art. 612-bis codice penale - Integra il reato il reiterato comportamento molesto nei confronti della vittima in modo da provocarle sia un grave stato di ansia che il fondato timore per la sua incolumità, tanto da costringere la vittima stessa ad alterare le proprie abitudini di vita.


FATTO E DIRITTO

Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di (OMISSIS) avverso la ordinanza in data 26 novembre 2009 con la quale il Tribunale del riesame di (OMISSIS) ha accolto l’impugnazione proposta da D. G. G. avverso l’ordinanza del Gip, applicativa della misura cautelare ex art. 282 ter c.p.p. in relazione alla contestazione del reato di cui all’art. 612 bis c.p..

Per l’effetto, il Tribunale ha annullato la detta ordinanza cautelare ritenendo di non ravvisare il necessario compendio indiziario in materia di stalking.

In particolare, ad avviso del Tribunale, gli elementi indiziari raccolti e cioè un paio di sms telefonici inviati alla presunta vittima nonché altrettanti comportamenti dell’indagato (posti in essere uno nel maggio e uno nel luglio 2009) risoltisi in un caso in minacce di morte e nell’altro caso in un fatto di diffamazione, non presentavano il carattere della persecutorietà e della attitudine a generare uno stato di ansia tale da impedire alla persona offesa la propria vita lavorativa e familiare.

Deduce il vizio di motivazione e la erronea applicazione dell’art. 612 bis c.p.

Sotto il primo profilo il PM denuncia di illogicità l’argomentare del giudice del riesame che da un lato ha verificato i comportamenti ingiuriosi e minacciosi dell’indagato ma, dall’altro, ha negato loro qualsiasi attitudine alla invasività nella vita della persona offesa.

Sotto il secondo profilo sottolinea che il Tribunale ha ritenuto non dimostrato lo stato patologico della vittima, dimenticando che tale stato è previsto solo per una delle ipotesi alternative di stalking, quella cioè del cadere in uno stato di ansia e di paura. Era rimasta del tutto apoditticamente negata la integrazione della ulteriore modalità attuativa del reato, costituita dal versare, la vittima, nel timore per la incolumità propria a causa del comportamento vessatorio dell’indagato.

In data 14 giugno 2010 è pervenuta una memoria di replica nell’interesse del D. G. nella quale si dà atto della completezza e logicità del provvedimento impugnato.

Il ricorso è fondato.

Dalla lettura del capo di imputazione provvisorio si evince che al D. G. è stato contestato il reiterato comportamento molesto nei confronti della M. V., in modo da provocarle sia “un grave stato di ansia” che “il fondato timore per la sua incolumità”.

Si tratta, come correttamente osservato dal PM impugnante, di condotte alternative capaci tutte e ciascuna di integrare il reato in discussione.

Il reato ex art. 612 bis c.p. è infatti previsto quando il comportamento minaccioso o molesto di taluno, posto in essere con condotte reiterate, sia tale da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero, in alternativa, da ingenerare nella vittima un fondato timore per la propria incolumità ovvero, infine, tale da costringere la vittima stessa ad alterare le proprie abitudini di vita.

Il Tribunale è giunto ad escludere che le condotte dell’indagato abbiano avuto rilievo nell’ottica della provocazione dello stato di ansia e in quello di ingenerare la necessità di mutare le abitudini di vita: in particolare ne ha escluso il carattere assillante e/o persecutorio.

Tale conclusione appare però non in linea logica con la ricostruzione della vicenda, così come operata nella prima parte del provvedimento.

Lo stesso Tribunale ha infatti dato atto della denuncia della persona offesa la quale ha riferito di molestie telefoniche da maggio a luglio, di squilli telefonici anche nel corso della notte e della ricezione di sms; ha attestato altresì che la persona offesa ha anche raccontato di ripetute aggressioni verbali alla presenza di testimoni e delle iniziative gravemente diffamatorie assunte presso i propri datori di lavoro per indurli a licenziarla. Ancora il Tribunale ha dato atto dell’accertata ricezione degli sms, delle minacce di morte proferite dall’indagato all’indirizzo della denunciante affinché questa riprendesse la relazione sentimentale con lui ed infine delle azioni diffamatorie.

In conclusione, mentre appare oggettivamente indubbio il carattere ripetuto delle iniziative di molestia e di minaccia riportate nel provvedimento, non chiaro risulta se il Tribunale, nel dare atto, consecutivamente, di quelle denunciate e di quelle accertate, abbia inteso sostenere che le diverse emergenze si saldano ovvero che gli accertamenti di PG abbiano indotto a circoscrivere la attendibilità della persona offesa. Nel primo caso, infatti, apparirebbe manifestamente illogica o quantomeno del tutto carente di spiegazione razionale l’affermazione che si sia trattato anche di comportamenti contenuti nel numero e nella qualità, non “assillanti” e “non invasivi della vita altrui”. Soprattutto, alla luce della carenza di motivazione evidenziata, risulta del tutto manchevole anche l’analisi riguardo alla attitudine dei detti comportamenti ad ingenerare un perdurante e grave stato di ansia o anche soltanto di paura oppure un fondato timore per l’incolumità propria o altrui, requisiti tutti previsti, come detto alternativamente, dall’art. 612 bis e oggetto di esplicita contestazione.

L’affermazione in tal senso resa dai giudici presenta invero carattere di apoditticità e l’esame del punto deve dunque essere ripetuto.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di (OMISSIS) per nuovo esame.
 
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