esame avvocato 2010

Lavoro su svolgimento Traccia 1, Qui potete lavorare allo svolgimento della Traccia 1

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esameavvocato2010
view post Posted on 14/12/2010, 12:13




Sulla prima traccia qualcuno cita:
Cass.Civ.Sez.III,26/04/2010,n.9917
è giusta?
 
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suforzaecoraggio
view post Posted on 14/12/2010, 12:15




Attenzione la sentenza n. 9916/2010 è in materia di assicurazione e di responsabilità del commercialista, nulla attiene allla traccia in esame!!
 
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avvfra
view post Posted on 14/12/2010, 12:16




Estremi
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 27 ottobre 2010
Numero: n. 21977
Intestazione

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico - Presidente -
Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere -
Dott. DI CERBO Vincenzo - Consigliere -
Dott. NAPOLETANO Giuseppe - Consigliere -
Dott. CURZIO Pietro - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 29458-2006 proposto da:
O.C., N.O., quest'ultima in proprio e quale
difensore costituito del primo, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA PRINCIPE AMEDEO 126, presso lo studio dell'avvocato degli
avvocati SERAFINO CONFORTI e D'ELIA PAOLA, rappresentati e difesi
dall'avvocato NUCCI ORNELLA, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
A.Fo.R. AZIENDA FORESTALE DELLA REGIONE CALABRIA, in persona del
legale rappresentante prò tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA OVIDIO 10 presso lo studio dell'avvocato BEI ANNA,(studio
ROSATI), rappresentata e difesa dall'avvocato GUALTIERI ALFREDO,
giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 13 34/2 005 della CORTE D'APPELLO di
CATANZARO, depositata il H/ll/2005 R.G.N. 1499/2003; udita la
relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/09/2010
dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;
udito l'Avvocato NUCCI ORNELLA;
udito l'avvocato GUALTIERI ALFREDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto
FATTO E DIRITTO
II dottore commercialista O.C. e l'avvocato N. O. proposero un'azione giudiziaria nei confronti della A.FO.R. Azienda Forestale della regione Calabria di cui erano stati nominati consulenti esterni.
Il giudice di primo grado accolse integralmente il loro ricorso.
A seguito dell'appello della resistente, la Corte d'Appello di Catanzaro ha riformato, in parte, la sentenza, ritenendo fondate due censure.
La prima è relativa all'inclusione nell'importo attribuito ai professionisti della somma di 6.197,42 Euro ciascuno, a titolo di rimborso spese forfettario. Non essendo stata svolta alcuna attività nel periodo di riferimento, la Corte ha ritenuto mancante il presupposto per il riconoscimento.
La Corte ha poi ritenuto ugualmente erronea l'attribuzione in favore di ciascuno degli appellati della somma di 1.032,00 Euro a titolo di risarcimento danni per rinuncia ad altri incarichi professionali, con la motivazione che "non possono essere attribuiti agli appellati vantaggi maggiori di quelli che avrebbero conseguito (compenso previsto dalla convenzione) ove fosse stato rispettato il termine".
I ricorrenti formulano due motivi di ricorso.
II primo, concernente la parte della sentenza che ha negato il "rimborso spese forfettario", è così delineato "violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al disposto dell'art. 112 c.p.c., per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato".
A parte il rilievo che viene qualificata violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 3, quella che in ipotesi sarebbe una violazione del n. 4, deve comunque evidenziarsi che il ricorso si limita ad affermare che è generica la censura della appellante richiamata nella sentenza impugnata senza conto di come erano formulati i motivi di appello, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso. Peraltro, la censura di erronea quantificazione delle somme riconosciute comprende la censura in oggetto ed esclude che il giudice di appello sia andato al di là del "petitum".
Il secondo motivo, relativo alla negazione del risarcimento danni, denunzia "omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, circa un punto decisivo della controversia". Anche questo motivo è inammissibile, perchè non specifica il tipo di vizio motivazionale, indicando indistintamente omissione, carenza e contraddittorietà della motivazione. Una motivazione non può al tempo stesso mancare ed essere carente o contraddittoria. Nel caso specifico la motivazione c'è (supra, nella sintesi del contenuto della decisione, sono stati riportati i passaggi fondamentali), è sufficiente e priva di incoerenze logiche. In realtà, la censura si risolve in una critica del merito della decisione, inammissibile in sede di legittimità.
Il ricorso è, pertanto, nel complesso, inammissibile. Le spese di conseguenza devono essere poste a carico dei soccombenti.
P.Q.M.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione alla controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 28,00 Euro, nonchè 3.000,00 Euro per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 settembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2010
 
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suforzaecoraggio
view post Posted on 14/12/2010, 12:17




anche la 9917 è sulla responsabilità del commercialista non sul recesso!!
 
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avvfra
view post Posted on 14/12/2010, 12:19




la questione centrale non mi sembra quella del recesso, bensì il diritto al risarcimento del danno vantato dal commercialista (oltre onorari e spese)
 
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memole33
view post Posted on 14/12/2010, 12:28




La nomina, nel corso del giudizio, di un secondo procuratore non autorizza, di per sè sola, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia fatta in sostituzione del primo procuratore dovendosi invece presumere che sia stato aggiunto al primo un secondo procuratore, e che ognuno di essi sia munito di pieni poteri di rappresentanza processuale della parte, in base al principio del carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato stabilito dall'art. 1716, secondo comma, codice civile. Cassazione Civile, Sezione Lavoro, sentenza 4 maggio 2005, n. 9260

Io sottolineo ed evidenzio anche questa ricollegandola alla mancanza di giusta causa che ne dite?
 
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esameavvocato2010
view post Posted on 14/12/2010, 12:32




CITAZIONE (massimodinoi @ 14/12/2010, 12:28) 
Ragazzi per favore sono un poco impedito con queste materie
PER FAVORE cosa devo copia\incollare da inviare dentro?
Vi prego è urgente

massimodinoi un altro intervento del genere e sei fuori da forum per i prossimi 3 giorni
 
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memole33
view post Posted on 14/12/2010, 12:33




la questione per me è da ricollegarsi a 1) lavoro autonomo 2) inquadramento professioni intellettuali e prestazione 3) facoltà di recesso 4) codice di rito laddove prevede la possibilità di nominare 2 difensori 3) sentenza che ho richiamato sopra 5) mancanza di giusta causa 6) diritto al compenso maturato ma non ha diritto a nulla di + nemmeno al risarcimento!
 
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massimodinoi
view post Posted on 14/12/2010, 12:33




Ok Scusate
 
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esameavvocato2010
view post Posted on 14/12/2010, 12:33




Qualcuno competente risponda a memole33, le sue osservazioni mi sembrano valide.
 
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Soggetto
view post Posted on 14/12/2010, 12:37




La nomina dell'avvocato ancora non c'è stata. si comunica al commercialista la sola intenzione di nominare un professionista per altro specializzato in materia diversa, ergo non vi sono i presupposti perchè possa venire meno il rapporto di fiducia

pertanto il commercialista non ha diritto al compenso professionale, perchè il suo recesso è privo di giusta causa

ha diritto esclusivamente al rimborso delle spese borsuali. al contempo la società beta potrebbe chiedere risarcimento
 
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dark0z
view post Posted on 14/12/2010, 12:38




CITAZIONE (memole33 @ 14/12/2010, 12:33) 
la questione per me è da ricollegarsi a 1) lavoro autonomo 2) inquadramento professioni intellettuali e prestazione 3) facoltà di recesso 4) codice di rito laddove prevede la possibilità di nominare 2 difensori 3) sentenza che ho richiamato sopra 5) mancanza di giusta causa 6) diritto al compenso maturato ma non ha diritto a nulla di + nemmeno al risarcimento!

le tue osservazioni mi paiono fondate, sto anche io impostando il parere in questo modo.
solo mi sembra strano che la sentenza di riferimento sia una giurisprudenza di merito..
 
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sarosto
view post Posted on 14/12/2010, 12:39




E su questo siamo tutti concordi, il fatto è che ci serve necessariamente una sentenza di cassazione....
 
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Big-Jimrg79
view post Posted on 14/12/2010, 12:42




2.1. Il recesso per giusta causa.
Se al cliente il diritto di recesso è riconosciuto dalla legge nella forma più ampia, soprattutto a motivo dell' intuitus personae, che caratterizza il contratto d'opera intellettuale, anche al professionista viene concessa la facoltà di recedere dal rapporto, ma con alcune limitazioni.
In base all'art. 2237, comma 2, c.c., infatti, il prestatore d'opera può recedere solo per giusta causa.
La differente disciplina del recesso per il cliente e per il professionista ha dato adito a dubbi circa la conformità alla Costituzione dell'art. 2237 c.c.; dubbi peraltro fugati dalla Corte costituzionale, che non ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, motivando la sua decisione con la sostanziale diversità dei due rapporti (34)

(34) Sull'infondatezza della questione di costituzionalità dell'art. 2237 c.c., in rapporto al principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., (questione promossa da Pret. Postiglione 17 dicembre 1969, in Giur. cost., 1971, p. 1385 e da App. Roma 20 novembre 1972, in Temi, 1974, p. 299), nella parte in cui regola il recesso del professionista in modo diverso da quello del committente, si veda Corte cost. 13 febbraio 1974, n. 25, cit.
Secondo tale pronunzia, il diritto di recesso unilateralmente riconosciuto al cliente non dà origine ad una disparità di situazioni nei confronti del prestatore d'opera, ma si sostanzia in una posizione negoziale che deriva razionalmente dalla struttura stessa del rapporto contrattuale e dalla differente natura delle rispettive prestazioni.
Considerata la natura del negozio, è pienamente razionale che il prestatore d'opera non abbia diritto alla prosecuzione del rapporto, una volta che il cliente abbia revocato l'incarico, così come è razionale che lo stesso professionista non possa recedere discrezionalmente dal contratto se non per giusta causa e in maniera da evitare qualsiasi pregiudizio al committente. .
In particolare, può dirsi che la differenza di posizioni si fonda nella evidenza pubblica dell'esercizio della professione e, quindi, nella natura pure pubblica dell'interesse da tutelare, che incorpora in sé l'interesse delle parti private (35)

(35) Sul punto, si veda G. Giacobbe, voce Professioni intellettuali, cit., p. 1082. .
In ogni caso, la previsione del diritto di recesso, sia pure condizionato, in capo al professionista trova la sua ragione d'essere nella tutela della libertà morale e di pensiero del professionista medesimo, nonché in una certa rilevanza, anche per esso, dell'elemento fiduciario. Infatti, un cliente poco affidabile potrebbe non fornire adeguate garanzie circa la corresponsione del compenso oltre ad essere nocivo per l'immagine del professionista (36)

(36) In materia, si rimanda a G. Giacobbe e D. Giacobbe, Il lavoro autonomo, cit., p. 216.
Circa la natura del diritto di recesso per giusta causa, si registra l'affermazione di Sangiorgi, Rapporti di durata e recesso ad nutum, cit., p. 182, che ritiene trattarsi di un diritto potestativo, al contrario del recesso discrezionale. .
Può, inoltre, ritenersi che l'art. 2237, comma 2, c.c. sia suscettibile di deroga nelle pattuizioni contrattuali, consentendo, così, al professionista di godere egualmente della possibilità di recesso discrezionale, con il limite, a nostro parere, necessario per la tutela del contraente più debole, di un congruo termine di avviso, affinché il cliente sia messo in grado di provvedere diversamente alle proprie necessità (37)

(37) Circa la possibilità di concedere negozialmente al professionista la possibilità di recedere senza la necessità della sussistenza di una giusta causa, per la dottrina, si veda Sangiorgi, Rapporti di durata e recesso ad nutum, cit., p. 160.
Per la giurisprudenza, circa la deroga convenzionale al disposto dell'art. 2237, comma 2, c.c., cfr. Cass. 6 agosto 1975, n. 2995, in Foro it., 1975, I, c. 2458. .
Per quanto attiene alla definizione della giusta causa, necessaria, in base alla normativa codicistica, per il recesso del professionista, si è rilevato come sia difficile stabilirne una individuazione a priori, poiché si concreta, in genere, in circostanze la cui valutazione può essere compiuta solo caso per caso.
Si ritengono, comunque, qualificabili come giuste le cause che interferiscono sul necessario affidamento nei riguardi della prestazione anche da parte di chi si è impegnato a porla in essere, venendo, perciò, in rilievo circostanze sopravvenute tali da non consentire al professionista di adempiere ai suoi obblighi con l'obiettività e le cognizioni richieste dalla natura della prestazione.
Venendo a qualche esempio pratico, una giusta causa di recesso può rinvenirsi nel comportamento del cliente (ad esempio, il mancato anticipo delle spese occorrenti, il rifiuto di collaborare quando la collaborazione condizioni la prestazione, la sopravvenuta condanna del cliente per reati infamanti secondo la coscienza popolare e in relazione alla natura del rapporto professionale, ecc.).
Su questo punto, si rinvengono alcune limitazioni nei principi e nelle regole di deontologia professionale, in particolare in materia di professione medica, poiché la tutela della salute e la preminenza dell'interesse del malato dominano il rapporto in ogni sua vicenda (38)

(38) In materia, si veda Lega, Le libere professioni intellettuali nelle leggi e nella giurisprudenza, cit., p. 796.
Più in generale, il concetto di giusta causa del recesso da parte del prestatore d'opera intellettuale è trattato da Burragato, Riflessioni in tema di recesso nel contratto d'opera intellettuale e rapporti di durata, cit., p. 1024 ss.; SantoroPassarelli, voce Professioni intellettuali, cit., p. 27; Torrente, Del lavoro, in Commentario del codice civile, V, t. 2, Torino, 1962, p. 51; Cattaneo, La responsabilità del professionista, cit., p. 39.
Perulli, Il lavoro autonomo, cit., p. 732 ne dà un'ampia esemplificazione, inserendo, fra l'altro, i motivi di coscienza, come nella fattispecie del medico obiettore di coscienza in caso di interruzione volontaria di gravidanza.
Secondo Carnelutti, Del recesso unilaterale nel mandato di commercio, cit., p. 260, per giusta causa deve intendersi l'avvenimento «esteriore che influendo sullo svolgimento del rapporto determina la prevalenza dell'interesse di una parte alla estinzione, sull'interesse dell'altra alla conservazione del rapporto». Si tratta, dunque, di una fattispecie di sopravvenienza, come sostengono, ad esempio, Betti, Lezioni di diritto civile sui contratti agrari, Milano, 1957, p. 73 e Molitor, Problemi della disdetta, in Nuova riv. dir. comm., 1954, p. 349, il quale, con riguardo all'ipotesi di recesso straordinario, fa riferimento alla clausola rebus sic stantibus.
Per ciò che riguarda il concetto di giusta causa nell'ipotesi di prestazione intellettuale svolta in regime di subordinazione, come nella fattispecie del giornalista, cfr. Cass. 16 giugno 1982, n. 3654, in Mass. Foro it., 1982, c. 765. .
2.2. Il compenso del professionista nella fattispecie di suo recesso per giusta causa.
Mentre nella fattispecie di recesso del cliente il professionista riceve un compenso pieno per l'opera che ha svolto, nel caso in cui sia esso a recedere per giusta causa dal contratto ha diritto, oltre che al rimborso per le spese sostenute, ad un onorario determinato con riguardo al risultato utile che il cliente abbia conseguito (art. 2237, comma 2, c.c.).
Con questa precisazione, il legislatore implicitamente ammette che il diritto al compenso potrebbe anche non esservi, se il risultato non presentasse utilità alcuna. Infatti, la normale irretroattività del recesso viene ad essere ancora operante, in subordine all'esistenza di un risultato utile e, in quanto tale, non ricusabile dalla controparte. L'utilizzabilità della prestazione effettuata dovrebbe essere accertata, di preferenza, con criteri obiettivi (39)

(39) In proposito, si vedano Lega, Le libere professioni intellettuali nelle leggi e nella giurisprudenza, cit., p. 721; RivaSanseverino, Lavoro autonomo, cit., p. 246; Mancini, Il recesso unilaterale e i rapporti di lavoro, cit., p. 54.
Secondo Perulli, Il lavoro autonomo, cit., p. 733, l'art. 2237, comma 2, c.c., collegando il compenso professionale nel caso di recesso per giusta causa al risultato utile per il cliente, smentisce la convinzione, invalsa soprattutto nella giurisprudenza, che l'obbligazione assunta dal professionista intellettuale sia ascrivibile alla categoria delle obbligazioni di mezzi. .
Secondo parte della dottrina, invece, poichè è regola costituzionalmente protetta che l'attività lavorativa vada retribuita e poiché spesso, nei rapporti professionali di natura intellettuale, l'attività stessa si esplica in meri comportamenti, il compenso è comunque dovuto, pure se non si giunge ad alcun utile risultato.
Così, non potrebbe ammettersi che il professionista recedente per giusta causa abbia prestato invano la sua opera. Tale affermazione resta ferma anche nell'ipotesi che oggetto del contratto sia un opus. Il criterio dell'utilità potrebbe, invece, essere applicato per la determinazione di un compenso anche superiore ai minimi di tariffa, qualora dall'esecuzione parziale derivi un qualche vantaggio per il cliente (40)

(40) Così, si esprime Lega, Lelibereprofessioniintellettualinelleleggienellagiurisprudenza, cit., p. 798. .
Anche nella fattispecie prevista dall'art. 2237, comma 2, c.c. il compenso spettante al professionista va determinato secondo il criterio di gradualità delle fonti stabilito dall'art. 2233 c.c. e, quindi, in primo luogo, nella misura convenzionale, con i pattuiti sconti e «bonifici» e con esclusione di ogni diritto al risarcimento del danno corrispondente al mancato guadagno (41)

(41) In proposito, cfr. Cass. 13 gennaio 1979, n. 271, in Rep. Foro it., 1979, voce Professioniintellettuali, n. 76. .
2.3. Recesso del professionista e tutela dell'interesse del cliente.
In base al terzo comma dell'art. 2237 c.c., il recesso del professionista intellettuale deve, comunque, venire esercitato in modo da non arrecare pregiudizio al cliente.
La previsione della norma sopra menzionata può concretizzarsi, ad esempio, a seconda dei casi, nel segnalare o, addirittura, procurare al cliente un sostituto oppure nel non lasciare scadere, nello svolgimento dell'opera professionale, termini ravvicinati e nel predisporre, comunque, eventuali provvedimenti d'urgenza, ecc.
Anzi, benché la norma non lo preveda espressamente, grazie ad essa può legittimamente argomentarsi di un diritto del cliente ad un termine, comunque, circoscritto al periodo minimo indispensabile a reperire un sostituto.
Può, dunque, concludersi che l'art. 2237, comma 3, c.c. appare indicativo, da un lato, dell'esigenza di una particolare tutela delle ragioni del cliente, per il quale sono spesso in gioco beni primari (quali la salute, la libertà, ecc.), e, dall'altro, dell'applicazione del principio di correttezza, che deve informare l'operato del professionista, in base a disposizioni aventi natura sia civilistica (quali l'art. 1175 c.c.), sia deontologica.
2.4. Il recesso ingiustificato del professionista.
La legge dispone che, per poter esercitare il diritto di recedere dal contratto, il professionista debba invocare la presenza di una giusta causa.
Quid iuris qualora il prestatore d'opera intellettuale receda senza che possa giustificare il suo atto secondo quanto disposto dall'art. 2237, comma 2, c.c.?
Secondo un'opinione, il complesso della normativa conferma la sussistenza di un'intima connessione fra interesse pubblico ed interesse privato, che è tipica del rapporto di prestazione d'opera intellettuale e ne giustifica la differente disciplina, rispetto a quella prevista per il contratto d'opera manuale.
Si deve, a tal riguardo, sottolineare che il limite della giusta causa, per il recesso del professionista, non incide sul vincolo sinallagmatico.
Infatti, la prestazione, analogamente a quella d'opera manuale, ha carattere infungibile e non se ne può ottenere l'esecuzione coattiva. Più precisamente, se per la seconda sarebbe, in ipotesi, astrattamente possibile un'esecuzione ad opera di terzi, a spese del prestatore inadempiente, ciò non è configurabile in ordine alla prestazione di carattere intellettuale, che è, evidentemente, strutturalmente legata alla persona di colui che la deve eseguire.
Di conseguenza, deve ritenersi che la manifestazione di volontà di recesso produca egualmente l'effetto estintivo del rapporto. Tuttavia, il cliente, ove ne sussistano i presupposti, può domandare ed ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito dell'illegittima cessazione del rapporto medesimo, sempre che l'esistenza di un danno risarcibile sia provata (42)

(42) Così, G. Giacobbe e D. Giacobbe, Il lavoro autonomo, cit., p. 217.
Sull'argomento, si vedano anche G. Giacobbe, voce Professioni intellettuali, cit., p. 1082; SantoroPassarelli, voce Professioni intellettuali, cit., p. 27; RivaSanseverino, Lavoro autonomo, cit., p. 246. .
Altra parte della dottrina ritiene, invece, che il recesso privo di una giusta causa non produca alcun effetto estintivo del rapporto, ma che il professionista si renda inadempiente per violazione dell'obbligo negoziale di prestare la sua opera, per cui è applicabile il diritto comune in tema di risoluzione per inadempimento (art. 1453 c.c.) (43)

(43) In tal senso, si pronunziano: Perulli, Il lavoro autonomo, cit., p. 733; Lega, Le libere professioni intellettuali nelle leggi e nella giurisprudenza, cit., p. 797; Mancini, Il recesso unilaterale e i rapporti di lavoro, cit., p. 66.
Per la giurisprudenza, cfr. App. Venezia 19 giugno 1957, in Corti Brescia Venezia Trieste, 1957, p. 530. .
In questo senso, è, ad esempio, l'art. 10, comma 3, l. 2 marzo 1949, n. 144, recante l'approvazione della tariffa degli onorari per le prestazioni professionali dei geometri, secondo cui, nel caso di interruzione del lavoro per una causa di forza maggiore o per recesso del geometra senza giusta causa, i rapporti fra il professionista ed il cliente sono regolati dalle norme del codice civile.
 
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unconditional
view post Posted on 14/12/2010, 12:43




ragazzi scusate...ma l'osservazione che ha fatto soggetto mi sembra interessante...
 
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179 replies since 14/12/2010, 11:22   50879 views
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